Nel febbraio 1909 su iniziativa del Partito socialista americano nacque l’idea e fu istituita la Giornata Internazionale della Donna.
Nel 1910 Clara Zetkin (nella foto), esponente socialista e combattente per i diritti delle donne, raccolse la proposta a Copenaghen, durante la Conferenza internazionale delle donne socialiste.
Fino al 1921 i singoli paesi scelsero date diverse per la celebrazione e non sono chiari i motivi che spinsero alla scelta dell’8 marzo.
Fu in occasione della Seconda conferenza delle donne comuniste (Mosca, 1921), che venne proposta e approvata un’unica data per le celebrazioni. Fu scelto l’8 marzo in ricordo della manifestazione a San Pietroburgo del 1917.
Lo Zar aveva ordinato ai cosacchi di reprimere la manifestazione di un folto gruppo di donne scese in piazza per chiedere la fine della guerra., ma i cosacchi reagirono fiaccamente dimostrando di essere più dalla parte delle donne che da quella del potere. A tale evento seguirono molte altre manifestazioni che portarono sino al crollo dello zarismo.
Dopo la seconda guerra mondiale e infine il successivo isolamento politico della Russia e del movimento comunista nel mondo occidentale, contribuirono alla perdita della memoria storica delle reali origini della manifestazione.
Così cominciarono a circolare voci secondo le quali l’8 marzo serviva a ricordato la morte di centinaia di operaie nel rogo di una inesistente fabbrica di camicie Cotton o Cottons avvenuto nel 1908 a New York , confondendo, probabilmente, con una tragedia verificatasi in quella città il 25 marzo 1911, l’incendio della fabbrica Triangle, nella quale morirono 146 lavoratori (123 donne e 23 uomini, in gran parte giovani immigrate di origine italiana ed ebraica).
Perchè si regalo le mimose?
La mimosa si regala solo in Italia. L’idea fu proposta da tre donne dell’UDI (Unione Donne Italiane) nel 1946 Rita Montagnana, moglie di Palmiro Togliatti, Teresa Noce e Teresa Mattei, che in una lunga riunione decisero di adottare la mimosa come fiore simbolo da regalare nella giornata dell’8 marzo. Teresa Mattei, la partigiana Chicchi, orgogliosa, comunista ‘eretica’, scomparsa nel 2013, raccontò che la mimosa era il fiore che i partigiani erano soliti regalare alle staffette, “Mi ricordava la lotta sulle montagne e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente”, disse un 8 marzo di vari anni fa commuovendosi guardando le tante donne sfilare con il fiore (prima che diventasse occasione di business commerciale).
I ruoli riservati alle donne per secoli sono quelli di figlia o moglie, vergine o madre.
Il cammino delle donne verso la conquista di pari diritti, dei propri diritti, è lungo e per molti versi incompleto, anche se ricco di storiche conquiste.
La donna da sempre ha lottato per i propri diritti. Nel 195 a.C. si formarono le prime associazioni di donne che organizzarono manifestazioni in piazza per l’abrogazione della Lex Oppia, che vietava alle donne di indossare gioielli, vestirsi con colori sgargianti e girare in carrozza.
Le proteste raggiunsero lo scopo e Catone il Censore sentenziò: «Quando le donne arrivano a essere uguali a noi, ci sono già superiori».
Grazie alle donne qualcosa è cambiato e sono arrivati l’emancipazione e il femminismo, ma ancora non tutto è risolto.
Il termine femminismo fu coniato verso la fine dell’Ottocento per indicare un movimento politico e sociale per l’emancipazione delle donne.
Già in precedenza la gentildonna francese Christine de Pizan, che nel 1405 aveva scritto la Città delle dame negando la tesi di un’inferiorità innata delle donne.
Ma le radici culturali del femminismo vanno ricercate nelle idee illuministe di eguaglianza e universalità della ragione e dei diritti inalienabili e la Rivoluzione francese diede alle donne la possibilità di organizzarsi istituendo club femminili e di rivendicare quella universalità dei diritti.
Un’opera pubblicata nel 1792 dall’inglese Mary Wollstonecraft intitolata I diritti delle donne un’aperta polemica con le idee di Rousseau secondo cui le donne nascevano per piacere all’uomo e dovevano essere educate all’obbedienza e al futuro ruolo di mogli.
Un classico del femminismo è la Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine scritta da Olympe de Gouges nel 1792, in cui si rivendica il diritto delle donne all’assoluta eguaglianza politica e giuridica.
Il 10 dicembre 1948 l’Onu proclama “La dichiarazione universale dei diritti umani”, nell’art. 1: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.” Si parla di individui, la parola “donne” compare solo all’articolo 16 e in riferimento al matrimonio.
Il trattato firmato a Roma il 25 marzo 1957, che segna la nascita della Cee, la Comunità economica europea, sancisce per la prima volta un principio economico fondamentale: la parità salariale.
Ma in realtà, l’entrata in vigore del Trattato Cee non produsse alcun cambiamento di rilievo.
Così, nel quadro del primo programma d’azione sociale (1973), il Consiglio dei ministri della Cee approvò una direttiva sul “ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile”.
Da allora la Cee prima, poi la Comunità europea e, infine l’Unione europea, sono dovute ancora tornare sul tema più volte e ancora oggi non siamo completamente allineati, lo si evince dalla pubblicità che tutti i giorni vediamo in televisione sulla parità salariale.
Ma arriviamo ai giorni nostri. Cosa è successo in Italia?
Nel 1946 le donne in Italia hanno il diritto di voto (fino ad allora cittadine di serie B).
Nel 1948 la Costituzione repubblicana ha esteso alle donne il diritto di accedere in condizioni di uguaglianza a tutti gli uffici pubblici e alle cariche elettive.
Negli anni 50 e 60 nascono alcune importanti norme sulla tutela della lavoratrice madre, il divieto di licenziamento durante la gestazione, l’astensione obbligatoria prima e dopo il parto.
Nel 1963 una legge ha ammesso la donna a tutte le cariche, professioni o impieghi pubblici (compresa la magistratura) in vari ruoli, carriere e categorie.
Nel 1960, con la sentenza della Corte costituzionale si è concluso il ricorso che ha aperto alle donne la carriera prefettizia e quella diplomatica. Nel 1999, è possibile anche accedere alla carriera militare.
Gli anni 70 hanno un impatto sociale fortissimo, che hanno cambiato completamente il modo di intendere la famiglia e la vita della donna. In quegli anni sono state approvate le leggi riguardanti il diritto di famiglia, gli asili nido e i consultori, le leggi sull’interruzione volontaria di gravidanza e il divorzio.
Nel 1996, la violenza sulle donne si trasforma da reato contro la morale a reato contro la persona. Più recente è la legge sullo stalking.
Ma c’è ancora molto da fare.
Fino ad ora ho analizzato (anche se sommariamente) il lungo viaggio che ha condotto alla “Giornata Internazionale della Donna”. Ho provato a dare una definizione di femminismo.
Restano altri due termini da definire e sviluppare: stalking e femminicidio.
Proverò a chiudere questo articolo con due brevi definizioni. (Dall’enciclopedia treccani).
Stalking: Comportamento persecutorio tenuto da un individuo (stalker) che impone alla sua vittima attenzioni non gradite che vanno dalle telefonate, lettere, sms (di contenuto sentimentale o, al contrario, minatorio) fino ad appostamenti, minacce, atti vandalici e simili. Il comportamento dello stalker è dunque caratterizzato da un’ossessione più o meno marcata per la persona oggetto delle sue attenzioni, e dalla mancanza di rispetto per la sua autonomia decisionale e identità.
Femminicidio: La parola femminicidio esiste nella lingua italiana solo a partire dal 2001. Fino a quell’anno, l’unica parola esistente col significato di uccisione di una donna era uxoricidio. Ma uxoricidio, composta con quella parola latina, uxor, quindi moglie, alludeva per l’appunto solo all’uccisione di una donna in quanto moglie e veniva estesa anche agli uomini, quindi al coniuge in generale. Non avevamo una parola che alludesse all’uccisione della donna proprio in quanto donna.
Manifestazione del 25 novembre 2015 organizzata dall’allora Presidente della terza Municipalità di Napoli, Dott.ssa Giuliana Di Sarno, con le donne dell’assemblea M.A.N.O. (municipalità aperta a nuove opportunità) di cui facevo parte.
Nel manifesto l’elenco delle vittime del femminicidio solo dell’anno 2014.
“Fermata Donna” ha visto le istituzioni e le donne di M.a.n.o muoversi con un bus rosso in giro per le zone della Terza Municipalità con lo scopo di incontrare uomini e donne e sensibilizzarli su una problematica che ormai è all’ordine del giorno. Sul bus, oltre alle donne di M.A.N.O. psichiatri, psicologi, avvocati ad ascoltare le donne che ad ogni fermata raccontavano le loro esperienze.
Di stalking e femminicidio parlerò più ampiamente in un prossimo articolo.
Archeologa, consulente informatica e web design freelance.
Nata a Napoli, si occupa dal 1971 di Information Tecnology dopo essersi formata alla IBM come Analista Programmatore. Dopo una vita vissuta nel futuro ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”. Divide il suo tempo tra la passione per l’informatica e la ricerca storica. Con alcuni amici archeologi ed antropologi ha fondato nel 2011 il “Gruppo Archeologico Kyme”, associazione di promozione sociale, della quale attualmente è presidente, organizzando giornate di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-archeologico e delle tradizioni dedicate soprattutto alle scuole. Si occupa, in particolare di Napoli e del territorio flegreo.
Ha pubblicato i libri "Da Apicio... a Scapece (Valtrend Editore, 2017), "Biancomangiare... il Medioevo in tavola" (Valtrend Editore, 2018).