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Sul sottosuolo dei Campi Flegrei

Negli ultimi giorni è stato reso pubblico un lavoro condotto da un gruppo di ricercatori: dell’INGV, dall’Università Roma Tre e l’Université de Genève, nell’ambito del progetto “LOVE-CF” finanziato dall’INGV per l’indagine multidisciplinare dei Campi Flegrei.

Tale lavoro si aggiunge ad una discussione scientifica pluridecennale sulla natura ed evoluzione del sottosuolo flegreo

Come è costituito? Qual è la sua dinamica? Gli studiosi sono tutti d’accordo che esiste un bacino magmatico a circa 8 Km di profondità con materiale viscoso proveniente dal basso. Tale rappresenta dunque un vincolo sulla costituzione del sottosuolo.

I terremoti in tutta la caldera, non raggiungono profondità superiori a circa 5 Km, ciò è una ulteriore “prova” che le rocce a maggiore profondità non possono avere comportamenti fragili.

Cosa succede a profondità inferiori di 8 Km? La discussione è estremamente aperta fin dalla crisi degli anni 80. Già all’epoca era evidente che la sorgente di spinta del bradisismo fosse a circa 3 Km di profondità con una estensione limitata e più o meno al centro della caldera flegrea (la caldera del Tufo Giallo Napoletano)

Il modello applicato era quello di Mogi (1958) La natura di detta sorgente era interpretata come magmatica. Un piccolo bacino che spingeva verso l’alto e che produceva una deformazione con forma ben chiara senza poter migrare verso l’alto a causa di una resistenza e della mancanza di un condotto in grado di favorirne il movimento.

Con la conclusione della crisi degli anni 80, per vent’anni, si è avuta una subsidenza di circa 95 cm interpretabile con una diminuzione della pressione. Alcuni studi di tomografia diretta cioè effettuata producendo delle onde sismiche artificiali, avrebbero “dimostrato” che il bacino magmatico preesistente si sarebbe raffreddato. Con l’inizio del nuovo “unrest” a partire dal 2005 più volte, in varie discussioni scientifiche, si è parlato di un nuovo afflusso di magma dal basso, nella camera magmatica a 8 Km di profondità con la separazione dei gas volatili in migrazione verso l’alto fino alla fatidica soglia “resistente” dei 3 Km circa. Questa tesi “non magmatica” è stata ampiamente avvalorata in ambiente scientifico ma contrastata da alcuni esperti che hanno sempre ritenuto che la spinta fosse ancora direttamente magmatica.

A tal riguardo è stato pubblicato di recente un lavoro che analizza ed interpreta il catalogo dei terremoti avvenuti dal 2005 all’ottobre 2023 (Tramelli ed alii 2024 – vedi bibliografia)

Un lavoro scientifico ipotizzava l’intrusione di un piccolo corpo magmatico a circa 3 Km di profondità all’origine della fase deformativa tra il 2012-2013 periodo in cui si è avuto tra l’altro un picco nella velocità di sollevamento di 3 cm/mese. (D’Auria – Macedonio ed altri 2015) . In tale lavoro si ipotizzava tra l’altro la presenza di piccoli bacini magmatici preesistenti.

Negli ultimi mesi sono stati portati all’attenzione dei “media” nuovi lavori sviluppati attraverso diverse metodologie indirette. In particolare un lavoro effettuato con la tecnica della tomografia inversa cioè utilizzando i dati dei terremoti avuti in area flegrea di cui si è discusso nella primavera 2024. (Bianco ed alii 2024 vedi bibliografia) In esso si sarebbe individuato un piccolo bacino magmatico a 5 Km di profondità mentre più in alto e a profondità differenti, sarebbero presenti due bacini di natura idrotermale. Tali risultati terminerebbero con dati fino al 2022. Ciò è comprensibile per la natura della ricerca che ha necessità di tempo per una corretta acquisizione ed interpretazione dei dati.

L’ultimo lavoro scientifico abbraccia un arco temporale più lungo concludendosi anch’esso con i dati del 2023. In esso si ipotizza nuovamente un’intrusione magmatica a profondità progressivamente minori. La metodologia utilizzata in questo lavoro è di tipo multidisciplinare con un approccio numerico e petrologico accompagnato da altri dati.

Le suddette pubblicazioni scientifiche insieme ad altre forniscono sicuramente elementi di discussione scientifica sul delicato argomento del bradisismo, mostrano numerosi dati contrastanti come in altri aspetti del fenomeno, ciò non deve meravigliare per la natura indiretta delle indagini.

E’ auspicabile che la ricerca possa andare avanti nel cercare elementi utili per la comprensione del bradisismo e le sue implicazioni nella prevenzione.

Bibliografia essenziale

D’Auria, Pepe, Castaldo, Macedonio , ed alii (2015) – Scientific reports – Magma injection beneath the urban area of Naples: a new mechanism for the 2012–2013 volcanic unrest at Campi Flegrei caldera

Tramelli, A., Convertito, V. & Godano, C. Il valore b illumina il diverso comportamento reologico nella caldera dei Campi Flegrei. Ambiente Comune della Terra 5 , 275 (2024). https://doi.org/10.1038/s43247-024-01447-y

G.Giacomazzi, C.Chiarabba, F.Bianco, P.De Gori, N.Piana Agostinetti (2024) Earth and Planetary Science Letters -Tracking transient changes in the plumbing system at Campi Flegrei Caldera –

Ana Astort, Elisa Trasatti, Luca Caricchi, Marco Polcari, Prospero De Martino, Valerio Acocella, Mauro A Di Vito – Tracking the 2007–2023 magma-driven unrest at Campi Flegrei caldera (Italy) – Communications Earth & Environment – 2024

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Pierluigi Musto
Pierluigi Musto nasce a Napoli il 27 luglio 1962, dopo il diploma di maturità al liceo scientifico si laurea in Scienze Geologiche e si abilita alla professione di Geologo. Si abilita all’insegnamento in Matematica alle scuole medie e in Geografia per gli istituti tecnici. Dal 2007 è docente in ruolo in matematica e scienze nella provincia di Napoli. E’ autore del sito www.campiflegrei.eu. E' autore del libro :" Elementi di Geologia dei Campi Flegrei e della Piana Campana" Da numerosi anni si interessa della promozione del territorio flegreo collaborando tra l’altro nell’organizzazione dell’evento ricorrente “Malazè”. Collabora con numerose associazioni locali nella didattica e divulgazione della geologia dei Campi Flegrei.
http://www.campiflegrei.eu

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