Giancarlo Siani era un giovane giornalista, appassionato, curioso, e animato da un profondo senso di giustizia. A soli 26 anni, lavorando come cronista per “Il Mattino” di Napoli, osò fare ciò che pochi avevano il coraggio di fare: raccontare la verità sulla camorra e le sue connivenze con la politica.
Il 23 settembre 1985, a pochi metri da casa, Siani fu brutalmente assassinato, un colpo che avrebbe potuto spegnere la sua voce, ma che ha invece acceso una luce che continua a brillare oggi, 39 anni dopo.
Siani non era un eroe armato, non un poliziotto o un giudice, ma un semplice giornalista, un simbolo di quella libertà di stampa che, nei contesti più difficili, diventa una missione di resistenza. I suoi articoli non si limitavano a raccontare cronache di eventi; scavavano a fondo, svelando intrecci di potere che legavano la criminalità organizzata alla politica locale. Il suo lavoro andava oltre la denuncia, diventava un vero e proprio atto di sfida a un sistema che viveva di segreti e paura.
A quasi quattro decenni dalla sua tragica scomparsa, il sacrificio di Giancarlo Siani assume un valore ancora più profondo in un’epoca in cui la verità è sempre più minacciata da fake news, disinformazione e poteri che mirano a silenziare chi racconta fatti scomodi. Il giornalismo investigativo è un baluardo della democrazia e, in un tempo in cui la velocità dell’informazione rischia di sacrificare l’approfondimento, Siani ci ricorda l’importanza della responsabilità di chi scrive.
Il suo coraggio non deve essere visto come un’eccezione, ma come un monito. Siani non cercava lo scontro diretto, non voleva la guerra, ma semplicemente desiderava che i cittadini fossero informati e consapevoli. Il suo sacrificio ci dice che il giornalismo non è solo un mestiere, ma una missione, e chi lo esercita con onestà, oggi come allora, mette in gioco la propria vita per il bene della collettività.
Il contesto odierno è diverso, ma le dinamiche di potere e la minaccia contro chi cerca la verità sono rimaste simili. La criminalità organizzata, seppur mutata nelle forme, continua a esercitare pressioni su interi territori, alimentata da silenzi e complicità. La figura di Giancarlo Siani, a 39 anni dalla
sua morte, si inserisce in un contesto globale in cui il giornalismo investigativo affronta nuove forme di intimidazione: dal cyber-bullismo alle campagne di discredito sui social media, fino alla violenza fisica, che purtroppo non è scomparsa.
Ma se c’è una lezione che il sacrificio di Siani ci lascia, è che il potere della parola può essere tanto devastante quanto quello di una pistola. Il suo esempio ci insegna che, in una società giusta, non devono esistere zone d’ombra, né poteri intoccabili. Le sue inchieste erano mosse dalla volontà di fare luce su quegli angoli oscuri che l’opinione pubblica spesso ignorava o, peggio, accettava come parte inevitabile della realtà.
Uno degli aspetti più innovativi della riflessione sul sacrificio di Siani è il suo impatto sulle nuove generazioni. Oggi, molti giovani giornalisti guardano a lui come a un modello di integrità e coraggio. In un’epoca in cui il giornalismo può essere spesso accusato di superficialità o asservimento ai grandi interessi, Siani rappresenta la voce di chi ancora crede nella forza di un’informazione libera e indipendente.
Il suo esempio non deve solo ispirare chi già lavora nel campo dell’informazione, ma deve anche diventare un faro per chi si affaccia a questo mestiere, ricordando che non c’è giornalismo senza rischio, senza etica e senza passione. Ogni articolo scritto con onestà, ogni verità portata alla luce è un passo verso la costruzione di una società migliore.
Oggi, ricordare Giancarlo Siani significa non solo onorare il suo sacrificio, ma anche riaffermare il valore imprescindibile della verità in una società democratica. La sua vita, spezzata troppo presto, è il simbolo di una battaglia che non si è mai fermata e che, a distanza di 39 anni, continua a essere combattuta da chiunque abbia il coraggio di alzare la voce contro l’ingiustizia.
Giancarlo Siani ci ha insegnato che il giornalismo può essere l’ultimo baluardo contro l’oppressione e la corruzione. Oggi, come allora, è una battaglia che vale la pena di essere combattuta.
Gianni Urso