Serbare la memoria storica di un luogo è fondamentale non solo per attrarre turisti mediante le bellezze paesaggistiche e archeologiche e le proposte gastronomiche legate alla tradizione. Ma prima di tutto per comprendere ciò che oggi è diventato il suo popolo. Dal modo in cui sono serbate le antiche vestigia di un luogo abbiamo, infatti, modo di intuire quanto i loro eredi hanno rispetto per i propri avi e per se stessi. È come quando, entrando in una casa di estranei, guardandoci intorno, dal modo con cui è arredata e tenuta comprendiamo la qualità delle persone che la abitano.
Ncopp ‘a terra, la mostra fotografica di Gianni Biccari allestita a Pozzuoli nella chiesa di San Liborio, sul Rione Terra, dal 28 dicembre al 7 gennaio, è una rassegna di foto scattate dall’artista flegreo nel 1995, all’epoca in cui da poco era stato allestito il cantiere per la ristrutturazione della Rocca che, a distanza di trent’anni, non è ancora completata.
Le foto ritraggono lo stato di abbandono e il degrado in cui versava a quel tempo il Rione Terra a seguito dell’ingiustificata evacuazione di massa del 1970. Un abbandono a cui mai nessuno, pur consapevole dei tanti tesori artistici sparsi nelle sue vie e nelle sue chiese, nel corso di oltre vent’anni si premurò di contrastare. Consentendo a mani truffaldine di trafugare tranquillamente pietre, piastrelle, statue la cui presenza, in alcuni casi, dopo anni è stata ufficiosamente segnalata in ville e appartamenti privati, senza mai spiegare come ciò fosse possibile.
La mostra di Gianni Biccari raccoglie tanti aspetti del Rione Terra oggi non più visibili, non solo perché depredati, ma anche perché occultati o distrutti stesso da chi lavorava per il recupero della Rocca a testimonianza che chi redasse il progetto di ristrutturazione non tenne conto dei dovuti crismi archeologici, sfigurando ulteriormente, anziché serbare, la memoria del luogo da tutti unanimemente riconosciuto come l’anima storica di Pozzuoli.
Se oggi molti di noi hanno modo di vedere aspetti inediti del Rione Terra non è solo per merito delle foto di Biccari ma anche di chi le commissionò, probabilmente conscio del crimine che di lì a poco si sarebbe perpetrato, sacrificando molti di quei luoghi alle mere esigenze architettoniche e imprenditoriali. Le foto sono una vera e propria mappatura fotografica per anni rimasta nell’archivio di Biccari il quale oggi le mette a disposizione della comunità.
Ogni singola foto è un urlo di dolore, la testimonianza tangibile di uno sfregio sociale e culturale iniziato con l’evacuazione del 1970 e mai più arrestatosi tant’è che tuttora non si sa quale sarà esattamente il futuro del Rione Terra.
Le foto sono rigorosamente in bianco e nero, non solo perché scattate a fini di catalogazione, ma perché il colore spesso devia l’attenzione dal soggetto sulla bellezza cromatica della foto. E non essendo intenzione di chi le commissionò mostrare la bellezza di quei resti ma la loro cruda desolazione, solo il bianco e nero si offriva allo scopo. Il dolore non ha colore.
Grazie a Biccari quel dolore torna a farsi sentire. Oggi più che mai!