Scavare nei meandri della verità è compito arduo, quando un giornalista d’inchiesta incontra una storia come quella di Ciccio e Tore, i due fratellini di Gravina, scomparsi una sera d’estate e ritrovati cadaveri nei sotterranei di un palazzo dismesso, aprono una ferita ancora aperta.
Mauro Valentini e Luciano Garofano ripercorrono la vicenda scandagliando ogni angolo di questo episodio, a dir poco macabro, che ha scosso e indignato l’opinione pubblica, raccogliendo testimonianze, studiando atti e deposizioni, compiendo sopralluoghi e scrutando da vicino quel mostro di cemento che aveva custodito i corpi dei fratellini.
I volti dei due ragazzi campeggiano sulla copertina del libro, i loro sguardi da bimbi innocenti, colpiscono come proiettili, inconsapevoli vittime di un gioco molto più grande di loro.
Dietro il buio in cui hanno trovato la morte, si nasconde una rete di traffici e segreti degna dei migliori romance di epoca vittoriana, peccato che i protagonisti non sono identificabili con personaggi di carta dalle tinte gotiche – romantiche, bensì sono di carne e ossa.
Lo scheletro di un palazzone ingoia come un enorme cetaceo, i corpi dei due fanciulli, per poi sputarli dopo un lungo e interminabile periodo di oblio.
Depistaggi, carcerazioni errate, tra cui quella del disperato padre, silenzi e profondi dubbi macchiano il corso delle investigazioni, interrotte bruscamente da un fortuito episodio, come la caduta di un altro ragazzo.
La fitta ragnatela solidificata su Ciccio e Tore si spezza, e da quel budello oscuro riemerge la terribile conclusione, cui gli inquirenti giungono dopo aver compreso la reale successione dei fatti.
Tra i detriti accumulati, si scopre un deposito di armi, tra fucili e bombe esplode il caso “Gravina”, il tasto pigiato sul detonatore giusto fa emergere il fango che per anni era stato compresso nei cunicoli di questa tranquilla cittadina del sud.
L’onta del tradimento però ha origini antiche, basti pensare che secoli addietro fosse avvenuto un omicidio famoso, quando i feudatari insanguinavano le terre per la conquista di potere e soldi.
Ancora una volta il funesto desiderio irrompe tra la gente, e senza volerlo la scure del silenzio cala con forza sulla testa di due anime innocenti, un’omertà che non lascerà loro scampo, vendendo agli spiriti del male la voce giusta, o meglio un semplice grido di aiuto che nessuno ha voluto udire.
L’eco soffocato di Ciccio e Tore si ode ancora nei giorni di tempesta, non smetterà di affliggere chi ha occluso i padiglioni uditivi, sognando di dimenticare. La voce della coscienza è l’unico canto che non ha toni, riproduce suoni senza l’ausilio di nessuno strumento, non ne ha bisogno, nasce da un buco, come la fossa in cui hanno trovato la morte i fratelli, e vibra in moto perpetuo, non conosce soste.