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La scoperta di Troia grazie ad una fiaba.

Un giorno di fine agosto del 1876 un gruppo di uomini si trovava sull’altopiano che delimita la grande pianura di Argo, in Grecia tutti protesi a guar­dare dentro un pozzo, verso la cui profondità si allungavano delle scale di corda.

Si sentì una voce, ingi­gantita dall’eco “Signor Schlie­mann, potete scendere, venite a ve­dere”.

­Heinrich Schliemann aiutato da uno dei suoi compagni, affrontò il buio del pozzo.

Quando giunse sul fondo le fiaccole illumi­narono una voragine scavata dai suoi operai ciò che cercava da anni. Sotto il desolato altopiano c’era Micene, la capitale del primo impero del Peloponneso, la culla della dinastia degli Atridi, il regno di Agamennone.

Chi era Heinrich Schliemann e perché si trovava nella pianura di Argo?

Che cosa ve lo aveva spinto? Chi era quest’uo­mo che cercava di svelare i sepolti segreti degli eroi dei poemi di Omer­o?

Schliemann era nato a Neubulcov in Germania, il 6 gennaio 1822. Il padre, al posto delle solite favole di fate e di briganti, amava raccontargli le vi­cende di Troia e del suo assedio.

Heinrich, rimase affascinato dalle gesta di Ettore e di Achille, di Ulisse e di Aiace, così comin­ciò a fare il “tifo” per una delle due parti in lotta simpatizzando per i Troiani.

Osservando una vecchia stampa che rappresentava l’incendio di Troia che si trovava nella sala da pranzo della casa paterna iniziò a pensare che le possenti mura della città, anche se bruciate nell’incendio, non potessero essere scomparse senza lasciare traccia, così decise che da grande le avrebbe cercate.

Il Sogno si avvera!

Schliemann era di famiglia povera e, così, da piccolo, appena imparato a legge e scrive, fu messo a lavorare come gar­zone in una bottega di droghiere.

Dopo cinque anni di lavoro al droghiere si im­barcò come mozzo su un mercanti­le diretto in Venezuela. Continuando a studiare da solo imparò non solo i poemi e le storie della antichità, ma anche la matematica e l’economia.

Bravissimo nell’imparare le lingue, in poco tempo imparò il greco e il latino. Si recò ad Amsterdam diventando impiegato di banca e poi agen­te di commercio in Russia, a Pietro­burgo e a Mosca, così Il povero ragazzo del vil­laggio tedesco divenne un agiato mercante.

I sogni dell’infanzia sta­vano per diventare realtà.

Il suo principale obiettivo era Troia, ma non aveva prove documentali eccetto i versi di Omero piuttosto vaghi sui dati topogra­fici.

Iniziò la ricerca delle mura di Troia con la collaborazione di Frank Calvert, viceconsole britannico proprietario dei terreni, presso la collina di Hissarlik dove aveva ipotizzato di poter trovare le rovine della città.

In quell’anno effettuò un primo scavo clandestino, suscitando le ire del governo turco. Nel 1871 ottenne l’autorizzazione a compiere le ricerche in terra turca e organizzò a proprie spese una spedizione archeologica in Anatolia, sulla sponda asiatica dello stretto dei Dardanelli, luogo che secondo la tradizione era il possibile sito della città di Troia.

Schliemann fermò la propria attenzione sulla collina di Hissarlik, un’altura dalla quale si poteva dominare tutta la piana circostante.

Seguendo le descrizioni dei testi omerici, il 4 agosto 1872 Schliemann rinvenne vasellame, oggetti domestici, armi e anche le mura e le fondamenta di ben altre otto città diverse, costruite l’una sulle rovine dell’altra. I risultati delle ricerche furono resi noti nel 1874 nell’opera Antichità troiane.

Quando si seppe Schliemann stava scavando sulla collina di Hissarlik, nell’Asia Minore nes­suno lo prese sul serio, ma le mura c’erano, sotto metri e metri di terra, sotto altre mura. I segni del fuoco erano evidenti.

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Era quella la città conqui­stata con l’inganno del cavallo di legno?

Schliemann ne era sicuro. Anche se più tardi altri studiosi dimostrarono che Troia giaceva sot­to strati più profondi, si giunse alla conclusione del fatto che Schliemann aveva aperto una strada mai tentata prima d’allora.

Ma Schliemann non era soddisfatto, occorreva provare l’esisten­za degli Atridi, particolarmente Aga­mennone, re di Micene, fratello di Menelao, comandante su­premo della spedizione greca contro Troia.

Così, sempre seguendo le indicazioni di Omero, Schliemann si reca sull’arido altopiano di confine alla pianura di Argo a cercare le vestigia di Micene.

Schliemann sceso nel pozzo che era stato immerso nel buio per secoli e secoli e trovò la Por­ta dei Leoni, i segni di nove tombe.

C’era­no scheletri, anche di donne e di bambini, sommersi da una luccicante catasta di bottoni d’oro, di sciabole d’argento, di dia­demi, di orecchini, di braccialetti, di vasi, tutti massicci, tutti lavorati da mani d’artisti. Un enorme tesoro.

AGAMENNONE ERA LI?

Agamennone era lì a pochi centimetri di distanza, al centro del­la tomba, con una maschera d’oro che gli co­priva il viso.

Il mistero sotto i baffi di Agamennone
Maschera funeraria di Agamennone

Come per Troia, le scoperte di Schliemann furono sot­toposte all’esame della cul­tura e della storia.

Molti affermarono che lo scheletro dalla maschera d’oro non poteva essere Agamennone, ma for­se un monarca vissuto almeno quat­tro secoli prima.

Ma anche se questa era ed è la verità, certamente si deve alla ricerca di Schliemann queste grandi scoperte.

Schliemann credette di aver trovato il tesoro di Priamo, re di Troia: i gioielli, però, risalivano a mille anni prima dell’epoca omerica.

Schliemann è stato a Napoli diverse volte, da qui prendeva la nave per raggiungere la sua casa ad Atene.

Amava questa città e morì proprio a Napoli, a Natale del 1890, prima di imbarcarsi per Atene. Voleva vedere le nuove scoperte di Pompei dove aveva conosciuto il giovane ispettore Giuseppe Fiorelli e le nuove acquisizioni del Museo Archeologico Nazionale.

Con Fiorelli ebbe un lungo sodalizio, testimoniato da un frequente scambio epistolare, in parte noto grazie al napoletano Domenico Bassi che nel 1927 pubblicò nell’ormai raro libro Il carteggio di Giuseppe Fiorelli, riprodotto in appendice insieme alle trascrizioni dei diari di viaggio napoletani, i cui originali sono custoditi oggi presso l’American Academy di Atene nel libro Heinrich Schliemann a Napoli, In appendice.

Domenico Bassi, Il carteggio di Giuseppe Fiorelli. Gli scavi di Troia: lettere di Enrico Schliemann. con una nota di Paolo Giulierini. Orsa Maggiore, 2021, 262 pp.

In copertina: Modello del cavallo di Troia sul lungomare di Cannakkale, utilizzato sul set del film Troy.

Tutte le immagini sono del Libero dominio.

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Anna Abbate
Archeologa, consulente informatica e web design freelance. Nata a Napoli, si occupa dal 1971 di Information Tecnology dopo essersi formata alla IBM come Analista Programmatore. Dopo una vita vissuta nel futuro ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”. Divide il suo tempo tra la passione per l’informatica e la ricerca storica. Con alcuni amici archeologi ed antropologi ha fondato nel 2011 il “Gruppo Archeologico Kyme”, associazione di promozione sociale, della quale attualmente è presidente, organizzando giornate di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-archeologico e delle tradizioni dedicate soprattutto alle scuole. Si occupa, in particolare di Napoli e del territorio flegreo. Ha pubblicato i libri "Da Apicio... a Scapece (Valtrend Editore, 2017), "Biancomangiare... il Medioevo in tavola" (Valtrend Editore, 2018).

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