Questo Mediterraneo che oggi separa e uccide un tempo univa.
A unire le sponde c’era il lucente vetro vulcanico, l’Ossidiana che da sabato 4 marzo e fino al 9 aprile è in mostra al Museo civico Sebastiano Tusa di Procida.
Nel Mediterraneo centrale i giacimenti di ossidiana sfruttati durante la preistoria, dal neolitico all’età dei metalli, erano solo in quattro isole Lipari e Pantelleria (Sicilia), Monte Arci (Sardegna) e Palmarola (isole Pontine nel Lazio)
Questi giacimenti alimentarono le esportazioni di ossidiana verso migliaia di villaggi preistorici. Popoli diversi, attraverso il mare, si scambiarono ossidiana, merci e culture. Iniziavano cosi le prime relazioni interculturali: individui diversi si riconoscevano reciprocamente pari dignità, pur nelle loro differenze. Uno dei i più importanti nodi del commercio marittimo fu l’isola flegrea Procida-Vivara.
La mostra “L’Oro Nero del Mediterraneo. L’ossidiana nella preistoria” è promossa da Lunaria Onlus A2.
A tagliare il nastro è stato l’assessore Antonio Carannante insieme al direttore Nicola Scotto di Carlo e alla presidente dell’Associazione Sonia Gervasio.
Ad accompagnare il pubblico intervenuto alla scoperta della pietra nera, protagonista di una storia millenaria e unica nella quale si mescolano genti e culture mediterranee, è stato il professor Franco Foresta Martin primo curatore della mostra.
L’incontro con il noto divulgatore scientifico, per oltre 30 anni capo servizio e inviato del Corriere della Sera, oltre che studioso dell’Ossidiana, ha affascinato i presenti che lo hanno letteralmente tempestato di domande.
La spiegazione, volta alla conoscenza geologica e archeologica di questo vetro vulcanico, è iniziata dalla definizione stessa di “Oro Nero”, così chiamato per la prima volta dall’archeologo Giovanni Lilliu, proseguendo poi con il ruolo centrale assunto dall’ossidiana nel corso del Neolitico quale preziosa materia di scambio tra le comunità Siciliane, Sarde, Campane e ancora fra quelle che vivevano sulle coste del Mediterraneo centro-occidentale. Ma anche i vulcani di Procida, pur non avendo generato ossidiane adatte a realizzare strumenti litici appuntiti e affilati, hanno prodotto un vetro i cui minuti frammenti furono usati come abrasivo, secondo quanto risulta da una recente e inedita ricerca effettuata a Vivara dai proff. F. Bertino, A. Cazzella, C. Giardino, M. Marazzi, M. Moscoloni, L. Pontieri, M. Scotto di Covella e T. Zappatore.
La mostra itinerante “Oro Nero” curata da Franco Foresta Martin, Licia Corsale e Anna Russolillo, unica nel suo genere, è stata esposta nel 2019 al Museo Salinas di Palermo, nel 2022 al Museo archeologico dei Campi Flegrei, e quest’anno si fermerà al Museo Tusa di Procida, a Ustica e a Lipari, col proposito di valorizzare l’ossidiana, le sue eccezionali peculiarità geologiche e le sue straordinarie implicazioni culturali.
Il successo della mostra è dovuto al fatto che essa non coinvolge solo gli addetti ai lavori ma l’intera comunità ospitante perché questo prezioso vetro vulcanico è in grado di esaltare le peculiarità del territorio e l’attitudine delle genti a essere aperte all’accoglienza e agli scambi, fin dalla preistoria. Questo lucente vetro vulcanico è memoria di antichi gesti perduti, di raffinate consapevolezze tecniche e di una rete estesa di relazioni tra comunità apparentemente divise dal mare Mediterraneo.
La mostra rientra nell’iniziativa di divulgazione scientifica e delle pratiche educative, con particolare riferimento alla didattica e alla comunicazione museale “Vivere nel Vulcano” di Lunaria onlus A2 e l’ultima tappa della mostra sarà arricchita da un importante catalogo edito da Villaggio Letterario che conterrà i luoghi, le genti e la storia dell’Oro Nero del Mediterraneo.
Domanda ad Antonio Carannante assessore agli Affari Legali, Promozione Vivara, Valorizzazione Terra Murata, Pesca, Agricoltura, Tutela degli animali, Rapporti con le Università.
Nicola Scotto di Carlo direttore del Museo Civico Sebastiano Tusa di Procida
Domanda al prof. Franco Foresta Martin, primo curatore della mostra geochimico per 35 anni redattore scientifico e ambientale del Corriere della Sera, occupandosi di Scienze della Terra, Fisica, Astronomia, Energia, Ambiente e Clima. Ora si dedica prevalentemente alla ricerca nel campo della storia delle scienze. Laureato in Geologia con una specializzazione in Geochimica, svolge anche un’assidua attività di divulgatore scientifico con la pubblicazione di articoli scientifici e libri.
Foto e Video di A. Russolillo