Quante vite s’intrecciano senza conoscerne le ragioni, si moltiplicano gli assi che reggono le fila di destini prima sconosciuti. Tutto ciò accade a Napoli nel 1980, un ruggito venuto fuori dalle fauci della Terra, squarcia il moto perpetuo di una città, devastandone il quotidiano disordine, restituendo così polvere e lacrime.
Il terremoto scuote le membra della Sirena, che da sempre dorme sotto il velo di quel mare scuro, e si desta stropicciandosi gli occhi arrossati e pruriginosi. La sua città non è più la stessa, centinaia di anime piangono all’unisono i propri morti, serrano le bocche come tutte le saracinesche delle molteplici attività che da quel giorno, 23 novembre, riapriranno contando danni e conti in rosso.
Tra le rovine la gente cerca quel rivolo di speranza, un cenno, una scintilla per credere ancora nel domani.
Giuseppe Petrarca traccia un quadro vivo romanzando quella tragedia con le vite vissute dai protagonisti della storia narrata: un neolaureato in medicina Roberto Vitale, l’insegnante Mariangela Greco, un imprenditore fallito Salvatore Nazzaro, il giornalista Antonio Di Carlo, la professoressa Enza De Martino, il vice questore Francesco Amendola.
Napoli risorgerà ancora una volta dalle ceneri di quella catastrofe, mostrando le proprie ferite senza alcun pudore, chiudendo le frontiere dell’indifferenza e mostrando i denti fatti di spuma di mare. La fragilità del suo sorriso è simile alle centinaia di ponteggi che come ospiti inattesi reggeranno le pareti di case e palazzi, mescolando nel cemento una lava di sangue che alimenterà i corpi dei lupi affamati, che senza un briciolo di amore divoreranno le città colpite dal terremoto.
Il rito della preghiera, il silenzio dei bambini, gli sguardi persi nel vuoto, la solitudine degli ultimi e tra tutti loro emerge un unico sentimento avvolto da un nastro purissimo le cui trame hanno origine da un unico sentimento noto come amore.