Publio Virgilio Marone: Mantova 70 a.C. da molti conosciuto come la guida di Dante Alighieri, nel suo viaggio attraverso l’inferno, in pochi forse sanno che il poeta ebbe per Napoli un’attrazione più che romantica.
Virgilio nella Divina Commedia
Dante Alighieri, nella sua prima cantica della Divina Commedia, sceglie Virgilio come guida principale nel cammino che lo condurrà in Paradiso; lì il poeta mantovano sarà sostituito da Beatrice. Il poema per Dante simboleggia un cammino iniziatico, ispirato dalla setta letteraria di cui faceva parte: i Fedeli d’amore. Per giungere alla salvezza, è necessario un percorso che non esclude ma anzi che accetta il calvario, perchè solo mediante il dolore si giunge a godere di una reale rinascita. Ma questa sofferenza o comunque penitenza, non può essere vissuta come un male fine a se stesso, ed ecco che compare la ragione: Virgilio, un valido aiuto per non perdere del tutto la direzione. La ragione tuttavia non può sempre e da sola guidare lungo il cammino della rinascita, ed ecco Beatrice: la fede.
Napoli nella vita di Virgilio
A Napoli vi giunse in gioventù per gli studi di filosofia e retorica, completati poi a Roma, dove iniziò l’attività di avvocato. Alla sua prima causa però, il giovane avvocato ebbe un blocco emotivo, timido com’era, e non riuscì ad aprir bocca, comprese dunque che quella non era la sua strada e proseguì gli studi filosofici.
In seguito alla perdita dei suoi terreni, requisiti da Ottaviano, futuro primo imperatore, per donarli ai veterani del suo esercito, dopo la vittoria contro gli uomini di Marco Antonio, Virgilio si trasferì a Napoli con la sua famiglia, nel 42 a.C.
Qui riprese gli studi di filosofia Epicurea, con i maestri Filodemo e Sirone. A Napoli scrisse la sua prima opera: Le Bucoliche, un poema che racconta la vita di alcuni allevatori di bovini, con alcuni riferimenti biografici, riguardo al suo passato nelle vecchie terre mantovane. Da questo poema apprendiamo parte della sua travagliata storia.
A Napoli il poeta conobbe Orazio e il ricco Mecenate, che lo ospitò più volte nelle sue tenute Campane. Mecenate a sua volta lo presentò al primo imperatore: Ottaviano Augusto, che estasiato dalla qualità delle sue opere, lo insignì come Vate, a Roma.
Illustrazione della Neapolis Greco Romana, dove si trovava un importante scuola filosofica
Virgilio il mago
Si narra che Virgilio convinse l’imperatore a migliorare la vita dei Napoletani con alcune costruzioni all’interno della città, come ad esempio l’acquedotto del Serino, che permise la conduzione idrica dall’avellinese a Napoli.
Oltre all’acquedotto, il sommo poeta fece costruire due statue che simboleggiavano l’allegria e la tristezza; esse erano poste ai lati dell’antica porta di Forcella, se ne persero poi le tracce.
A Virgilio furono attribuite pure delle doti magiche, tanto che a Napoli viene soprannominato oggi come allora: Virgilio il mago.
Si narra che durante un’invasione di mosche, fece realizzare una mosca d’oro, e dopo aver pronunciato delle formule, la mosca prese vita riuscendo così a fermare l’epidemia. Lo stesso fece per impedire l’eruzione del Vesuvio, collocando una statua di bronzo raffigurante un’arciere in atto di scagliare la sua freccia, in direzione del vulcano.
Un’altra statua di bronzo a forma di cavallo, il poeta mantovano fece costruire, per neutralizzare una strana epidemia che a Napoli stava decimando gran parte dei cavalli. Questi avrebbero dovuto fare alcuni giri intorno alla statua su cui il poeta recitò delle formule magiche; solo in questo modo avrebbero vinto il male.
Si racconta pure che collocò un uovo magico nelle fondamenta dell’attuale Castel dell’ovo, cui deve il nome proprio in merito al fatto in questione; fin quando l’uovo resterà integro, Napoli rimarrà salva.
Castel dell’ovo
Nella sua villa di Napoli, Virgilio ospitò più volte l’imperatore Augusto, a Napoli il poeta iniziò la stesura dell’Eneide, suo grande capolavoro, voluto dall’imperatore che riteneva di essere un reale discendente di Enea. Virgilio volle conferire tutto il suo impegno nel poema, un’energia tale che lo spinse a visitare personalmente i territori descritti nei volumi. Durante il viaggio in Grecia le condizioni del poeta divennero molto precarie; incontrò nel percorso il suo grande amico Augusto che lo stimolò a tornare a Napoli per curarsi, ma giunto a Brindisi, fu colto probabilmente da un’insolazione che pose fine alla sua vita, era il 19 a.C.
Sul letto di morte, lasciò detto di distruggere il testo dell’Eneide, non ancora completo, invece i manoscritti furono consegnati a Mecenate, o secondo alcuni proprio ad Augusto che ne diffuse il contenuto facendolo diventare il poema romano per eccellenza.
Discesa agli inferi di Enea, il cui ingresso è collocato nel lago Averno: VI libro dell’Eneide, opera di Bruegel
Il corpo di Virgilio fu portato a Napoli, nella Crypta Neapolitana, sopra alla tomba fu posta questa scritta: Mantua me genuit, calabri rapuere, tenet nunc Parthenope, cecini pascua, rura, duces, ( Mantova mi generò, Calabria, ossia Puglia, prima veniva chiamata Calabria, mi rapì, mi custodisce Partenope, ossia Napoli, cantai pascoli, campi e condottieri.
Nel XII secolo i Normanni trasferirono i suoi resti nelle segrete del Castel dell’ovo, dove tuttora risultano dispersi.
Tomba di Virgilio: Napoli, nel complesso della Crypta Neapolitana, dove si trovano tuttora i resti del poeta Giacomo Leopardi