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ANIMA, UN MISTERO INSONDABILE

Al di là dei distinti aspetti dogmatici che le caratterizzano, non esiste al mondo nessuna religione che non contempli la credenza dell’immortalità di quella particella individualizzata di Dio detta anima che, per un’ignota ragione, avrebbe necessità di incarnarsi in un corpo per vivere l’esistenza materiale al fine di acquisire consapevolezza della propria divinità. Adoperandosi, attraverso un processo catartico, a riacquistare la propria purezza originale per ritornare alla Fonte da cui deriva.

Questa visione universale distingue tra un principio immortale (l’anima) e uno mortale, strumento dell’anima, il corpo di cui l’anima si disfarebbe con il sopraggiungere della morte.

Dandone per scontata l’esistenza, non stiamo qui a discutere cosa effettivamente accadrebbe all’anima se, all’atto della morte del corpo fisico, essa non raggiungesse la consapevolezza della propria divinità e immortalità.

Si creda o no in Dio, penso che tutti concordiamo che la morte e la vita sono due grandi misteri: “Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo” sono le tre domande esistenziali che da sempre assillano l’uomo.

In questi casi chi è alla ricerca di un sostegno interiore per affrontare serenamente le avversità della vita o si affida alla fede, oppure alla filosofia che, mediante un coacervo di ipotesi e teorie spesso astruse, a volte in contraddizione tra di loro, vorrebbe dimostrare con il ragionamento l’esistenza e l’immortalità dell’anima, dunque di una vita oltre la vita, o l’assoluto opposto.

In conseguenza di ciò è impossibile non affermare che, se esistesse, l’anima e la sua cura sarebbero intimamente legate alla sanità del corpo, come affermano sia la medicina allopatica, seppure con mille distinguo, sia quella olistica per la quale la sanità del corpo è imprescindibile dalla cura dell’anima.

Tra anima e corpo esisterebbe un legame intrinseco che li renderebbe indipendenti l’una dall’altro, seppure l’anima come principio universale sarebbe immortale e si reincarnerebbe vita dopo vita in corpi diversi…

Tale processo detto reincarnazione è un dogma per le religioni orientali. Viceversa il cristianesimo crede nella resurrezione del corpo quando sarà il tempo del giudizio universale.

Per quanto concerne la riconquistata libertà delle cellule col sopraggiungere della morte, si potrebbe obiettare che già l’invecchiamento del corpo potrebbe considerarsi una sorta di decomposizione. Da ciò potremmo trarre la conclusione che nasciamo morendo: la morte non sarebbe che l’atto conclusivo di un processo di invecchiamento iniziato con il concepimento della vita nel ventre materno per concludersi nel momento in cui esaliamo l’ultimo respiro.

È scientificamente dimostrato che ogni sette anni le cellule che compongono l’organismo umano si rinnovano completamente. Già questo dovrebbe farci riflettere…

Uno dei momenti in cui setacciamo a fondo nei meandri della nostra “struttura” culturale/religiosa alla ricerca di un appiglio che ci aiuti ad affrontare l’avvento della morte è quando scompare una persona a noi cara. Anche se la sua sparizione avvenisse dopo un lungo calvario di sofferenze che ne hanno distrutto la dignità. In quell’attimo la sua scomparsa si tramuterebbe in un sorta di liberazione. Liberazione sia sua che nostra: sua perché termina il lungo periodo di sofferenza fisiche che ha patito fino allora; nostra perché finiamo di tormentarci nel prenderci cura di lei, dilaniati dalla consapevolezza che più ci adoperiamo nell’alleviargli le sofferenze con l’ausilio di sofisticati intrugli medici e strumenti tecnologici, più le allunghiamo l’agonia e il dolore tenendola in vita a ogni costo.

Tuttavia, pur non essendo credenti, sappiamo che la vita va salvaguardata fino all’ultimo istante proprio perché, al pari della morte, è un’immane mistero, quindi rigettiamo l’idea di affidarci all’eutanasia per porre fine a quel tormento. Ma rigettiamo pure l’idea dell’accanimento terapeutico perché ci rendiamo conto che, se l’eutanasia può intendersi come un gesto presuntuoso ed egoistico con cui l’uomo si sostituisce a Dio o alla Natura, l’accanimento terapeutico altera comunque il cammino della natura, obbligando un corpo a vivere oltre i propri limiti in maniera indegna.

Al momento dimostrare scientificamente l’esistenza dell’anima è impossibile. Ma non per questo non se ne può escludere l’esistenza: quante cose, in passato date per impossibili, si sono poi realizzate grazie alle scoperte scientifiche?

Ciò che non è dimostrabile oggi non è detto che non lo sarà domani, compresa l’esistenza dell’anima!

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Vincenzo Giarritiello
Nato a Napoli, ma da oltre vent’anni residente a Pozzuoli, Vincenzo Giarritiello alterna all’attività di scrittore quella di giornalista per passione. Nel 1997 ha pubblicato “L’ultima notte e altri racconti” e nel 1999 “La scelta”. Nel 2017 ha ristampato “La scelta” e nel 2018 ha pubblicato il romanzo breve “Signature rerum” ambientato nei Campi Flegrei. Nel 2019 ha stampato “Le mie ragazze rom scrivono” e “Raggiolo uno scorsio di paradiso in terra”. Nel 2020 ha editato la raccolta di racconti “L’uomo che realizzava i sogni”. Ha pubblicato con le Edizioni Helicon il romanzo “Il ragazzo che danzò con il mare”. Ha collaborato con le riviste online “Giornalewolf.it” e “Comunicare Senza Frontiere”; con quelle cartacee “Memo”, “Il Bollettino Flegreo”, “Napoli Più”, “La Torre”. Fino al 2008 ha coordinato laboratori di scrittura creativa per ragazzi a Pozzuoli e all’Istituto Penitenziario Minorile di Nisida. Attualmente collabora con l’associazione culturale Lux in Fabula con cui ha ideato la manifestazione “Quattro chiacchiere con l’autore”. Nel 2005 ha attivato il blog “La Voce di Kayfa” e nel 2017 “La Voce di Kayfa 2.0”. Dal 2019 è attivo il suo sito www.vincenzogiarritiello.it
http://www.vincenzogiarritiello.it

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