Giuseppe Moscati medico, fisiologo della scuola napoletana Scuola Ippocratica e allievo di Antonio Cardarelli, forse è uno dei più grandi clinici della storia italiana.
Nella sua professione, si occupa dell’anima e della sofferenza che prova l’uomo. Nei suoi scritti leggiamo che il dolore non va interpretato come una contrazione muscolare, ma come un grido dell’anima a cui il medico deve accorrere.
Quello che si vuole raccontare con le sale del museo a lui dedicato, con il percorso sul medico santo e con la sua casa che si trova in via Cisterna dell’Olio, è il Moscati scienziato, il Moscati ricercatore e l’uomo di carità.
All’interno del museo si possono trovare ancora alcune delle sue ricette collezionate negli anni dove, dopo una diagnosi di lieve sclerosi all’apice sinistra dei bronchi, si legge un messaggio chiaro: “nulla di grave” sottolineato tre volte e con un punto esclamativo.
Così Giuseppe Moscati parlava ai suoi pazienti, non mancava mai di inserire un “nulla di grave”, “non si preoccupi”, “pensi che è nulla di grave” oppure inseriva sempre all’interno della ricetta dei consigli sulla dieta da seguire, sulle abitudini alimentari da avere o, semplicemente, consigli sul movimento che poteva essere utile nel processo di guarigione della malattia.
Nelle sale del museo si parla anche di Moscati scienziato. Ad esempio in una ricetta si legge una diagnosi di ulcera duodenale, ritroviamo la terapia data dal santo con la tintura di iodio, un antisettico in grado di uccidere Helicobacter pylori che causa l’ulcera.
Di questa possibile terapia si hanno notizie di cura efficace soltanto dopo una ricerca fatta nel 2005 da due scienziati americani, ma il professor Moscati, dalle sue osservazioni sperimentali, capì molti anni prima che questa terapia era efficace contro una malattia, come l’ulcera, che all’epoca era mortale.
Nei suoi studi e ricerche si occupa di insulina; nel 1922 viene somministrato il primo farmaco insulina a un bambino americano diabetico. Il Moscati appena ne ha notizia acquista il farmaco dall’America e lo porta a Napoli e la somministra ai suoi pazienti, ne determina anche la giusta posologia e dà un grande contributo per questo alla scienza europea.
Di lui si ritrovano oltre quaranta pubblicazioni, oltre che in italiano, anche in francese e tedesco.
Nelle sale del museo napoletano vi è anche un laboratorio chimico donato dai discendenti del professor Miraglia, con cui Moscati ha lavorato.
In questo laboratorio, faceva analisi chimiche delle urine e del sangue; ci sono composti chimici ancora conservati e in fondo alla sala sono esposti anche dei microscopi ottici dei primi del Novecento, uno dei quali in particolare, appartiene proprio al laboratorio di Moscati.
In una piccola stanzetta del museo si trova un tavolo autoptico, quello dell’anfiteatro anatomico dell’ospedale Incurabili. Il Moscati infatti, alla fine della sua carriera, dopo essere diventato prima assistente del professore di chimica fisiologica e poi di anatomia patologica, diresse anche il reparto di anatomia patologica dell’ospedale Incurabili.
La sala di anatomia patologica è il luogo dove venivano analizzati dopo la morte tutti i corpi di quei malati che non si era riusciti a salvare e Moscati decide di apporvi al suo interno, una targa con la scritta: ”Hero mors tua o mors”. Questa fase latina, presa in prestito dal profeta Osea dell’Antico Testamento, significa “O morte io sarò la tua morte”, cioè uccidere la morte attraverso la morte stessa.
Tutto questo insegnava ai suoi studenti; perché la morte come evento finale della malattia è quello che ci consente di avere più informazioni sulla malattia stessa, grazie all’autopsia. E quindi bisogna con rispetto eseguire l’autopsia al cadavere del paziente cercando di trarne tutte le informazioni utili possibli della malattia, per prevenire la morte, su altri pazienti con la stessa patologia.
In fondo alla sala centrale del museo, ritroviamo anche una Madonna, una statua marmorea che si trovava al di fuori del reparto del suo ospedale. Si racconta che il Moscati obbligasse tutti i medici, gli infermieri e assistenti studenti a salutare la Madonna e a pregare passando lì vicino.
La statua si è salvata miracolosamente dopo un bombardamento, recuperata dai dipendenti dell’ospedale e tratta in salvo. Fu poi portata al museo, su precisa indicazione del direttore dell’ospedale dell’epoca.
Le sale espositive del museo sono state anche set cinematografico dove si sono realizzati film e miniserie Tv come quella del regista Giacomo Campiotti: ”Moscati l’amore che guarisce”.