La Chef donna dell’anno Michelin è una napoletana verace, Marianna Vitale del Ristorante Sud. Marianna è stella Michelin dall’edizione 2012. Sono 43 in Italia le stelle Michelin al femminile. La sua è un’avventura iniziata solo dieci anni fa. La incontriamo nel suo impeccabile locale di Quarto.
Chef, ci chiediamo come è nata la sua passione per la cucina?
“La passione per la cucina nasce sicuramente dall’infanzia. Ero appassionata di cibo, di cucina sin da bambina, ero perennemente affamata! Inoltre sono cresciuta in una famiglia in cui tutti cucinavano molto bene, anzi quasi vivevo in una continua gara su chi preparava le pietanze migliori. Ognuno in realtà era specializzato in qualche tipicità o genere quindi mi ritrovavo anche a seguire un’alimentazione molto variegata. La mia formazione gastronomica e critica è quindi fortemente influenzata dall’ambito familiare, probabilmente se fossi cresciuta in una famiglia in cui si mangiava molto male oggi sarei una cuoca completamente diversa”.
Cosa significa essere oggi uno chef di un ristorante stellato?
“Non fa differenza essere una cuoca in uno stellato o in un fast food, se sei una persona scrupolosa, con una forte dedizione al lavoro e rispetto per l’ospite ti comporti allo stesso modo e cerchi di mantenere sempre e comunque lo standard ricercato”.
La stella indica nella guida Michelin «una cucina eccellente e una deviazione dai propri itinerari?
“Esattamente, è un riconoscimento molto importante che coinvolge soprattutto i viaggiatori appunto, sia italiani che stranieri”.
Cosa ci propone a cena stasera?
“Questa sera vorrei proporvi uno dei piatti più importanti di Sud: la minestra di mare con frutta e verdura di stagione. È un piatto molto complesso ma semplice e sorprendente dal punto di vista gustativo perché è composta da circa 50 ingredienti diversi, in distinte consistenze, dal crudo al cotto al marinato per le tre tipologie di ingredienti. È un piatto che sta tra un’insalata e una minestra che si completa con un’emulsione di frutti di mare, olio extravergine e limone che mette insieme il piatto”.
Diventare chef, un sogno realizzato?
“Un sogno desiderato e realizzato. Avrei voluto fare l’alberghiero per fare la cuoca ma la mia famiglia me lo sconsigliava per l’impegno fisico che prevedeva. Alla fine dopo la laura in lingue ci sono arrivata lo stesso, consapevole che gli studi mi permettono di avere sempre un approccio diverso a questo mestiere”.
Lei cosa chiede al personale di sala?
“Che possa trasmettere il mio racconto e il mio sorriso. Per il resto adoro che ciascuno in sala possa essere se stesso, esprimere la propria personalità al meglio”.
Ci spiega cosa c’è dietro la cucina?
“Dietro la cucina, dietro i piatti c’è sicuramente tanta ricerca, un numero di prove indefinito e tanta identità, esperienza e confronto”.
Cosa ne pensa del binomio cucina, cultura del territorio?
“Credo che creare un legame tra il territorio e la cucina rafforzi molto il progetto, la crescita lavorativa e il rapporto con la clientela. È smisurata poi la crescita personale perché si sovradimensiona il rapporto con la terra in cui sei nato e hai deciso di investire il tuo presente”.
A quale piatto è più affezionata?
“Al mio piatto preferito, il piatto dei viaggi: la frittata di maccheroni. A Bacoli abbiamo una tavola calda, di cucina tradizionale che definiamo “moderna”, in cui la frittata di maccheroni è la preparazione più richiesta. Quindi non sono la sola!”
Nella presentazione di un piatto si elencano gli ingredienti e si è toccati dai cinque sensi, ma vorremmo conoscerne l’anima…
“Cerco l’anima che accompagna un piatto… la maggior parte dei piatti nascono dall’unione dei cinque sensi la vista di un paesaggio quanto il gusto e l’emotività…”.