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“Il ragazzo che danzò con il mare” è il nuovo romanzo di Vincenzo Giarritiello. Intervista all’autore.

L’ultimo romanzo di Vincenzo Giarritiello si intitola “Il ragazzo che danzò con il mare”. Nell’intervista l’autore parla del suo lavoro letterario, della passione per la scrittura e di altre considerazioni che ci aiutano a comprendere la sua produzione letteraria. Napoletano, residente a Pozzuoli da oltre venti anni, Giarritiello è scrittore e giornalista, tra le sue pubblicazioni “L’ultima notte e altri racconti” nel 1997 e “La scelta” nel 1999. Nel 2017 ha ristampato “La scelta” e nel 2018 ha pubblicato il romanzo breve “Signature rerum” ambientato nei Campi Flegrei. Si tratta di una storia forte sul tema dei giovani e sul satanismo. Nel 2019 ha stampato “Le mie ragazze rom scrivono” – sulla sua esperienza di laboratorio scrittura creativa nel carcere minorile di Nisida – e “Raggiolo, uno scorcio di paradiso in terra” dedicato al piccolo borgo della Toscana. Nel 2020 ha editato la raccolta di racconti “L’uomo che realizzava i sogni”. Il “Ragazzo che danzò con il mare” è stato pubblicato dalle Edizioni Helicon. Ha scritto per diverse testate giornalistiche e attualmente collabora con Quicampiflegrei.it Collabora con l’associazione culturale Lux in Fabula. Dal 2005 ha un blog, “La voce di Kayfa” che dal 2017 è “La voce di Kayfa 2.0”. Ha un suo sito: www.vincenzogiarritiello.it

Come nasce l’idea del libro?

Il Ragazzo Che Danzò Con Il Mare nasce agli inizi del 2000, ma poi si arena per la mancanza di convinzione che avevo nella storia così come era strutturata in origine. Quindici anni dopo, sulla scia delle pubblicazioni col self publishing di Amazon decisi di riscriverlo praticamente ex novo. Ci lavorai l’intera estate del 2018, integrandovi le storie dei miei precedenti racconti, del custode della cattedrale e del guardiano del faro, e ne rividi completamente il finale. Piacque a quanti lo feci leggere. Tutti auspicavano che lo pubblicassi con un editore, incluso me stesso. Ovviamente che si trattasse di un editore non a pagamento. Dopo due approcci con case editrici che mi chiedevano rispettivamente 3500 euro e 1950 euro, una sera di dicembre fui contattato da Maria Eugenia Miano delle Edizioni Helicon la quale mi comunicò che avevano letto il romanzo, gli era piaciuto e volevano pubblicarlo. Alla mia domanda, “a quali condizioni?” rispose, “nessuna condizione, ci piace e vogliamo pubblicarlo, lei non ci deve nulla!”. Così è iniziata questa avventura affascinante”.

Nella storia si parla di mare, vigneto e viaggio. Sono tutte belle suggestioni. Che valore hanno i simboli nel romanzo? Che valore hanno i simboli per te?

“Il romanzo è strutturato su tutta una serie di simboli, a partire dall’ambientazione per poi passare ai tarocchi, alla cattedrale, al faro, al viaggio. La trama è un coacervo di simboli che rendono la storia a sua volta un grande simbolo. Del resto a mio avviso ogni romanzo o racconto è un simbolo racchiudente un significato che ogni lettore deve penetrare e interpretare in rapporto al proprio stato di coscienza attinente al momento in cui lo legge. Per quanto mi riguarda attribuisco ai simboli un valore fondamentale per l’esistenza umana. Credo che la vita di ognuno di noi sia caratterizzata da simboli; la natura è un eterno simbolo. Il problema è che siamo talmente presi dalle contingenze materiali che non ci preoccupiamo di soffermarci a meditare sui simboli che caratterizzano la nostra quotidianità per comprenderne il significato. Credo che, se lo facessimo, riusciremmo conoscere meglio noi stessi e gli altri e apprezzeremmo meglio la vita.”

Il tuo è anche un libro che parla di segreti e misteri. Sono espedienti da narratore o sono parte della nostra vita?

“L’uno e l’altro. Da narratore ho ritenuto opportuno arricchire la trama dandole un sapore misterioso che non guasta mai. Per quanto riguarda la vita, invece, penso che non ci sia nullo di più misterioso di essa: ogni giorno è un mistero che ci si svela solo a fine giornata, quando siamo in procinto di andare a letto e si ravviva al mattino quando ci svegliamo. Tu puoi riprometterti, “oggi farò questo”. Se poi riuscirai nell’intento, lo scoprirai solo a fine giornata”.

Il protagonista incontra vari personaggi. Ognuno dei quali ben caratterizzato. Qual è il loro significato-ruolo all’interno della storia?

“Tutti hanno un significato fondamentale nell’economia del romanzo, anche quelli che compaiono solo per un momento. Del resto ogni incontro che facciamo nella realtà, per quanto possa apparirci privo di significato, ci lascia dentro qualcosa, inducendoci delle riflessioni che sono sintomo di crescita personale. Ammesso che avessimo il buon senso di fermarci un attimo a riflettere, un po’ come accade con i simboli di cui abbiamo parlato prima”.

Tra questi personaggi vi è il guardiano del faro. A questo personaggio tu hai dedicato un racconto. È un caso? le storie da te raccontate si intrecciano?

“Il racconto sul guardiano a cui fai riferimento lo scrissi dopo aver intervistato il guardiano del faro di Capo Miseno molti anni fa. Nel romanzo mi sono divertito a riadattare l’intera intervista, mischiando realtà e fantasia. Per quanto concerne l’altra domanda, ossia se le storie che racconto si intreccino tra di loro, mi verrebbe da rispondere “sì”, benché ogni storia abbia una propria distinta identità. Ma è vero che molti dei temi che affronto animano più di una storia che ho finora raccontato”.

Il tuo potrebbe essere definito un romanzo di formazione? Concordi con questa definizione?

“Questa definizione la diede anche Cristiana Vettori quando quest’estate presentammo il libro a Raggiolo.  Riferendoci al genere, vista la tematica affrontata, direi che lo è”.

Ogni racconto ha in sé un minimo di autobiografia. Quanta autobiografia c’è ne “Il ragazzo che danzò con il mare”?

“Poca e tanta. Mi spiego: poca perché la storia è frutto della fantasia dell’autore. Tanta perché le tematiche affrontate sono a me care: ritengo che per essere convincenti, quando si scrive, bisogna parlare di quel che si conosce. Se poi consideri che per diversi anni ho studiato il simbolismo dei tarocchi, che da autodidatta mi sono interessato, e tuttora mi interesso, di ermetismo e che la storia del guardiano del faro trae spunto da un’esperienza che feci più di vent’anni fa, ti puoi rendere conto che di autobiografico c’è molto seppure in chiave di argomenti trattati”.  

Non è il tuo primo lavoro. Questo libro quali le novità porta alla tua esperienza letteraria?

“L’aver trovato un editore che ha deciso di pubblicarlo solo perché gli è piaciuta la storia e il modo in cui è scritta, è uno sprone a proseguire su questa strada che, ne sono consapevole, è impervia e ricca di insidie. Ho già pronto un nuovo romanzo, questo sì assolutamente autobiografico, in cui racconto il dramma che vivemmo nell’assistere papà ammalato di Alzheimer. Si dice che l’appetito vien mangiando: per quanto mi riguarda, la pubblicazione de “Il ragazzo che danzò con il mare” e le attestazioni di apprezzamento che ho ricevuto nei suoi confronti hanno accresciuto la mia fame di scrivere. Speriamo che nel tempo la scrittura mi sfami non solo moralmente ma anche materialmente!”.

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Ciro Biondi
Giornalista, scrive prevalentemente di attualità, sociale, cultura, turismo e ambiente. E' responsabile dell'Ufficio Comunicazione della Caritas Diocesana di Pozzuoli. Ha collaborato con quotidiani e periodici. E’ specializzato in comunicazione sociale e istituzionale. Si è occupato di uffici stampa ed è presidente dell'associazione di promozione sociale Dialogos. Con le scuole e le associazioni promuove incontri su legalità, volontariato, solidarietà tra i popoli, dialogo tra le religioni e storia. E' laureato in Lettere con una tesi in Storia Medievale. E' docente di scuola statale secondaria di secondo grado. Ha ottenuto vari riconoscimenti per l'attività giornalistica. Per il suo impegno sociale, culturale e professionale nel 2013 il Capo dello Stato lo ha insignito dell'onorificenza di cavaliere della Repubblica.
http://www.cirobiondi.it

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