L’8 settembre del 1943 è ricordato come la data più tragica della storia d’Italia del Novecento. Giorno in cui fu rimato l’armistizio tra l’Italia e le truppe alleate, tra il generale Badoglio e le truppe alleate, con la conseguente fuga del re e della corte da Roma per evitare la cattura da parte delle truppe tedesche che già occupavano l’Italia. E lo sbando degli alti comandi militari che non sapevano quali ordini dare. In particolare al Sud che aveva da sempre un legame con la Monarchia, questo sbandamento e le notizie di un imminente sbarco delle truppe alleate, provocarono nella popolazione una agitazione e profonda angoscia data la situazione di occupazione delle truppe tedesche della città. Napoli già stremata dai bombardamenti, dovette subire la dominazione dello straniero.
Il 12 settembre fu proclamato lo stato d’assedio e il coprifuoco che aggravarono le condizioni di approvvigionamento, oltre i rastrellamenti degli uomini abili al lavoro che avrebbero dovuto presentarsi ma che come ammise lo stesso Walter Scholl, su 30.000 se ne presentarono solo 150.Nei giorni dunque che vanno dal 1 settembre al 26 settembre ci furono scontri, incidenti, fucilazioni e di fatto nei vari quartieri di Napoli, comitati di resistenza nati spontaneamente, con la folla e i quartieri che provvedevano ad armarsi. Questo dell’armamento, in particolare nella zona Vomero, è uno dei punti da chiarire. E’ vero che vi furono assalti alle caserme e ammutinamenti che fornirono poi le armi all’insurrezione delle Quattro Giornate. Ma anche interramenti di armi da parte di elementi delle forze armate che chiesero la collaborazione dei cittadini già prima dell’8 settembre, quando l’esercito italiano, dopo la caduta di Mussolini da capo del governo, si spaccò in collaborazionisti del nuovo fronte alleato e aderenti al riarmo in funzione di alleanza con i tedeschi in quella che poi divenne la Repubblica nascente di Salò.
È certo comunque che alla viglia dell’8 settembre camion di armi provenienti dall’esercito e in particolare dai carabinieri, furono interrati dove allora sorgevano ‘Le case Puntellate’ nelle terre appartenenti ai contadini della zona Vomero Arenella. Mio padre Salvatore Crosio narrava che insieme ad un capitano dei carabinieri provvidero a seppellire ad oltre cinque metri nelle terre di ‘don Peppe’ un camion di armi, che poi i tedeschi cercarono ma non trovarono alla presenza di mio padre, di questo capitano e della mia famiglia testimone di questa ricerca da parte delle truppe tedesche. Qualcuno aveva fatto la spia e i tedeschi vennero due volte a verificare. Furono le armi che servirono all’insurrezione del Vomero dal liceo Sannazzaro, al Belvedere a Materdei.
Nella zona dell’Arenella in particolare rastrellamenti e fucilazioni dei contadini della zona furono numerosissime, come io stesso potei constatare dai fori dei colpi delle mitragliatrici, fucilazioni avvenute sul muro di tufo sotto casa mia a via Simone Martini. La zona Vomero Arenella era una zona di contadini, oltre che di negozi, artigiani e residenza estiva degli aristocratici. Per sfuggire ai rastrellamenti e alle fucilazioni, lo stesso mio padre provvide, insieme agli abitanti del quartiere, a scavare dei tunnel dove si nascondevano contadini e uomini per sottrarsi ai rastrellamenti e alle fucilazioni. Mio padre ancora ed altri si nascondevamo nei pozzi neri della zona e uscivano solo per dare da mangiare alla gente nascosta nei tunnel sotterranei. Come pure in via Antignano furono assaltati i depositi di alimentari, tenuti nascosti dalla polizia e dai gerarchi fascisti: le donne, gli uomini furono allontanati a colpi di pistola.
Dunque gli eventi in particolare al Vomero furono particolarmente intensi e come partecipazione popolare e come atti di eroismo individuale e collettivo. Non è un caso che l’insurrezione e poi la resa delle truppe germaniche avvenne dopo l’aspra battaglia dentro e fuori lo Stadio del Vomero che videro numerosissimi morti, ma anche la resa delle truppe tedesche, messe in allarme dall’imminente entrata in città delle truppe alleate. lo snodo Vomero Arenella era essenziale come via di fuga per l’esercito tedesco che decise la ritirata, dopo che in tutta Napoli l’insurrezione si rivelò ben superiore alle previsioni dei comandi delle truppe tedesche. In particolare la via che portava dai Camaldoli alla provincia e poi sulla strada per Roma. Lì le truppe tedesche sorvegliavano con carri armati la via di fuga e lì spesso avvenivano, prima e dopo l’insurrezione, di notte, staffette partigiane che collegavano l’insurrezione di Napoli alle vie del retroterra campano. Una di queste staffette era un cugino di mia madre, che in motocicletta trovò proprio la morte sopra lo svincolo dei Camaldoli.
I morti negli scontri furono numerosi, soprattutto intorno alla stadio del Vomero, dove furono ammassati civili catturati in battaglia e dove avvenne tutta la contrattazione tra Stimolo e i comandi tedeschi, per la liberazione dei prigionieri tedeschi. Molti furono i morti, si dice tra i 500 e i mille cinquecento, il conto di quei morti non è mai avvenuto. È certo che prima della demolizione del vecchio stadio, quando ancora si giocavano lì le partite del Napoli, vi fossero seppelliti corpi in maniera molto provvisoria, in tombe rimaste ignote e con sopra sabbia, terriccio e sassi, almeno una decina di fosse comuni.
Io personalmente, ancora bambino, accompagnato dalla mano di mio padre che mi invitava a scansare quelle tombe così provvisorie in segno di rispetto, ci ho camminato dentro e intorno quei cumuli. Avevo si e no 6 anni. Sono passi i miei e tombe che non scorderò mai.