A pochi artisti verrebbe in mente di partecipare alle celebrazioni commemorative dei 420 anni dalla scomparsa di Giordano Bruno senza né nominarlo né citarne una delle opere. Soprattutto se il luogo dove dovrà esibirsi fosse il chiostro di San Domenico Maggiore dove Bruno studiò quand’era un giovanissimo domenicano. Tra questi pochi annoveriamo il cantautore Nicola Dragotto che, per il maggio dei monumenti quest’anno dedicato a Bruno, lunedì 11 maggio ha presentato un ampio spaccato del suo spettacolo “Il rovescio del mondo” per la regia di Franco Maione.
Accompagnandosi con la chitarra, per oltre mezz’ora l’avvocato/cantautore ha recitato e cantato testi scritti e musicati da sé la cui profondità di pensiero e sferzante ironia riflettevano in maniera naturale l’acume filosofico e l’irriverenza bruniana; consentendo di apprezzarne sia le ben note qualità canore, sia la sorprendente capacità recitativa supportata dalle infinite espressività assunte dalla maschera del viso durante la performance.
Essendo in atto da tempo una discussione sulla quasi certa esistenza di uno stretto legame tra la presenza di Bruno alla corte di Elisabetta I di Inghilterra e la successiva comparsa di Shakespeare, il cui teatro sarebbe pregno di influenze bruniane, Dragotto ha sottilmente riadattato in chiave ironica il monologo essere o non essere dell’Amleto senza svilirne l’ossatura portante.
Avendo sempre anteposto la qualità dei testi alle tendenze del mercato, potremmo scommettere che la performance di Dragotto sarebbe stata gradita dal nolano il quale rimase coerente fino in fondo con il proprio pensiero, preferendo perdere la vita salvando la faccia anziché salvare la vita perdendo la faccia.
L’essenza della filosofia di Bruno, dipanantesi in maniera leggera per tutto lo spettacolo, la ritroviamo ben radicata nel monologo finale laddove Dragotto conclude, dicendo: Non mi resta che star fermo ed aspettare. Che cosa? L’uomo! Perché c’è una cosa che ci può far ancora sperare: l’istinto di sopravvivenza cui deve obbedire. Ma una sopravvivenza dettata dal coraggio, che non sia la nemesi di un ultimo saccheggio. Una sopravvivenza che non trovi conforto nel mito della produzione, ma nell’affermazione del concetto di bene comune. Un uomo nuovo, partorito dal ventre della terra che per costruire non debba più fare una guerra. Un uomo nuovo che scopra il proprio Dio nella più umana essenza del suo Io!
Per vedere lo spettacolo di Nicola Dragotto basta andare sul sito Facebook dell’Assessorato alla Cultura e allo Spettacolo del Comune di Napoli, oppure cliccare sul link