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Bradisismo : Modello Vulcano – Tettonico

La crisi di bradisismo in atto ha avuto inizio all’incirca nel 2005 quando si è interrotta una fase pluriennale di subsidenza intervallata da brevi periodi di innalzamento. Quando il bradisismo è ascendente spesso è accompagnato da sismicità più o meno intensa. Ciò è accaduto in maniera evidente già nella crisi dell’82-84 quando, dopo un primo periodo abbastanza silente, si è avuta una sismicità con eventi che hanno anche raggiunto il quarto grado di magnitudo.

Cosa provoca i terremoti in questa particolare area vulcanica?

E’ ben noto che nelle aree vulcaniche i terremoti sono meno intensi di quanto avviene nelle aree tettoniche.

Nei Canpi Flegrei l‘accadimento di eventi sismici può essere sintetizzato attraverso mappa della sismicità in cui si vede la “nuvola” di epicentri nell’area. Da tale carta si può evidenziare come più o meno nell’area di massimo sollevamento del suolo ci siano pochi o nessun terremoto mentre lateralmente essi sono numerosi.

Sappiamo che nell’area flegrea una sorgente probabilmente posta a circa 3 Km di profondità (secondo il modello di Mogi 1958) spinge verso l’alto. Essa non è estesa sotto tutta la caldera flegrea ma confinata più o meno al suo centro, nell’area di massima deformazione del suolo, a largo (circa un centinaio di metri) del Rione Terra.

La deformazione regredisce radialmente per risultare pressochè nulla ai bordi della caldera (del Tufo Giallo Napoletano) Ciò viene ampiamente documentato nelle mappe di deformazione inserite nei bollettini mensili dell’Osservatorio Vesuviano (sede INGV di Napoli)

https://www.ov.ingv.it/index.php/monitoraggio-e-infrastrutture/bollettini-tutti/mensili-dei-vulcani-della-campania/flegrei

La spinta verso l’alto deforma la crosta terrestre al di sopra della sorgente provocando stress al sistema roccioso con risposte che talvolta sono plastiche quindi senza fratture altre volte possono diventare fragili determinando i terremoti

Si verifica allo stesso modo su tutta l’area sollecitata? No! Un qualsiasi corpo sollecitato da una spinta dal basso, arrivato al suo punto di rottura, tende a fratturarsi di più e con maggiore frequenza lateralmente e molto meno in quelle centrali. Tali stress di taglio si spiegano in base alla differente spinta massima al centro e gradualmente inferiore ai lati. I terremori quindi nelle aree laterali sono più frequenti con fratturazioni (faglie) determinate dalle spinte differenti.

Dalla mappa degli epicentri risulta evidente una maggiore concentrazione dei terremoti nell’area di:

  • Solfatara Pisciarelli
  • Accademia – Via Napoli e limitrofi

da un lato

  • Golfo di Baia Miseno

dal lato opposto.

  • Lucrino – Cigliano

da un lato

  • Bagnoli

dal lato opposto.

(desidero precisare che le suddette aree hanno il solo scopo orientativo)

In queste zone sussistono numerose faglie con estensione non elevata e che si attivano periodicamente in risposta alla deformazione. Gran parte di esse forniscono movimenti di tipo distensivo proprio perché la deformazione stessa crea i presupposti per fratture di tipo tensile.

In altre parole l’area a maggior sollevamento della faglia “lascia più in basso” quella subito laterale. Gran parte dei terremoti nei Campi Flegrei hanno meccanismi focali di tipo normale.

Talvolta, e soprattutto nelle aree più laterali, (es golfo di Baia – Miseno) sono stati evidenziati meccanismi focali di tipo compressivo. (lo si evince dai bollettini mensili) Si spiegano perché la deformazione spinge anche con una certa componente orizzontale.

Ci si potrebbe domandare perché le ubicazioni dei terremoti siano più densi in certi luoghi e meno in altri. Una risposta può essere che i terreni sollecitati non sono uniformi; nell’area flegrea sono particolarmente eterogenei, creando risposte meccaniche dissimili. A ciò si aggiunge la presenza di bacini in falda a profondità limitate.

La stessa deformazione non decresce radiamente in maniera del tutto uniforme, anche questo può essere spiegato con la non uniformità del mezzo sollecitato.

Gli ipocentri dei terremoti sono confinati nei primi Km della crosta. Essi non possono raggiungere elevate profondità in quanto il gradiente geotermico (l’aumento della temperatura con la profondità) è elevato. Esso è minore nella zona del golfo dove possono essere registrati sismi a profondità più elevate <=5 Km . Tali terremoti ovviamente non raggiungono la profondità della camera magmatica stimata a non meno di 6-7 Km dove le rocce non possono assumere comportamenti fragili.

La profondità media degli ipocentri sulla terraferma è tra i 2 e i 3 Km, talvolta si registrano sismi a profondità minori.

La sorgente di spinta nelle ultime crisi è immobile, un suo spostamento creerebbe il cambiamento della risposta deformativa con conseguenze sulla sismicità.

Il prof Zollo docente dell’Università Federico II di Napoli ha pubblicato uno studio dove ha ubicato le faglie flegree attivate tra il 2014 ed il 2024

https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1029/2023GL107680?fbclid=IwY2xjawFBX-5leHRuA2FlbQIxMAABHY7B5XEzVAH93999O9s9IBezkD6pTH5w1YkOAtlcGvjmz2HZianH8fkH0w_aem_hwFVa0eFqHey9sQH-HBozg

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Pierluigi Musto
Pierluigi Musto nasce a Napoli il 27 luglio 1962, dopo il diploma di maturità al liceo scientifico si laurea in Scienze Geologiche e si abilita alla professione di Geologo. Si abilita all’insegnamento in Matematica alle scuole medie e in Geografia per gli istituti tecnici. Dal 2007 è docente in ruolo in matematica e scienze nella provincia di Napoli. E’ autore del sito www.campiflegrei.eu. E' autore del libro :" Elementi di Geologia dei Campi Flegrei e della Piana Campana" Da numerosi anni si interessa della promozione del territorio flegreo collaborando tra l’altro nell’organizzazione dell’evento ricorrente “Malazè”. Collabora con numerose associazioni locali nella didattica e divulgazione della geologia dei Campi Flegrei.
http://www.campiflegrei.eu

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