Ci sono luoghi destinati a entrare nella storia. Il santuario etrusco e greco di San Casciano dei Bagni (Siena) è uno di questi. Un luogo straordinario dove due culture, due lingue, due popoli sono uniti insieme in un luogo sacro agli dei.
Il santuario scoperto recentemente a San Casciano dei Bagni è il deposito di statue in bronzo più straordinario finora ritrovato. Le statue in bronzo ritrovate sigillate sono state perfettamente conservate nel fango e nell’ acqua termale. Esse narrano settecento anni di storia, di riti, di pace, di devozione di un centro antico di ritualità e culto, che dal III secolo a.C. al V secolo d.C. fece dell’acqua termale il suo fulcro.
L’immenso patrimonio d’arte e di bellezza rinvenuto: oltre venti statue e statuette, monete in bronzo ed ex-voto anatomici è arricchito da lunghe iscrizioni bilingue, in etrusco e latino, che restituiscono nuovi dati sul rapporto tra Etruschi e Romani, sui culti presso le sorgenti termali e sulle divinità venerate.
I capolavori del santuario etrusco e romano di San Casciano sono da ieri e fino al 30 giugno esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli con “Il ritorno degli dei”.
La mostra è stata inaugurata ieri alla presenza del Ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, del Direttore generale Musei, Massimo Osanna; del Direttore generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, Luigi La Rocca; della Sindaca di San Casciano dei Bagni, Agnese Carletti; del Coordinatore scientifico dello scavo dell’Università per Stranieri di Siena, Jacopo Tabolli, curatore della mostra insieme al Dg Osanna.
“I Bronzi di San Casciano, esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, offrono alla nostra comunità un frammento di storia sepolta e anche l’emozione di questa scoperta, definita dagli esperti una delle più rilevanti degli ultimi tempi… La mostra al MANN, fra i più importanti musei archeologici al mondo, testimonia l’importanza per il Ministero della Cultura di questo progetto e ribadisce come il patrimonio sia di tutti”, ha dichiarato il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
“I Bronzi di San Casciano sono ospitati nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli nei nuovi spazi espositivi, che per la prima volta aprono le porte al pubblico. La scelta non è casuale: non sono solamente dei capolavori dell’antichità ad essere in mostra al MANN, ma il risultato di un percorso di scavo in corso, dove statue in bronzo – ed è una circostanza rarissima – sono restituite nel loro contesto, raccordando le storie di un centro antico di ritualità e culto, che dal III secolo a.C. al V secolo d.C. fece dell’acqua termale il suo fulcro», ha commentato il Direttore generale Musei del MiC, Massimo Osanna.
Per comprendere la storia dei due santuari, quello etrusco e romano siamo andati direttamente a parlare con colui che ha avuto l’intuizione di scavare a San Casciano, Jacopo Tabolli, Coordinatore scientifico dello scavo dell’Università per Stranieri di Siena, Jacopo Tabolli che ci ha dichiarato: «Nel III sec. a.C. viene probabilmente costruita una prima struttura intorno a una sorgente 25 litri di acqua al secondo ad oltre 40°. Intorno al I secolo d.C. il materiale che era presso il santuario viene deposto in una vasca più antica. È caduto un fulmine e secondo quella che era l’ars fulguratoria il materiale doveva essere sepolto all’interno della vasca. Su questa più antica deposizione poi i Romani deposero monete e altre offerte prima della chiusura del santuario agli inizi del V secolo a.C.. Quindi abbiamo testimonianza di oltre settecento anni di culto e di rito presso la sorgente termale». Abbiamo inoltre chiesto al professor Tabolli delle epigrafi: «lo scavo del 2023 ha portato alla luce un donario bilingue etrusco latino, un documento molto raro dal punto di vista epigrafico che attesta alla fine del I secolo a.C. di comunità plurilingue presso il santuario, un luogo di accoglienza in cui la voce della divinità parla entrambe le lingue»
«Sono orgogliosa che il progetto di San Casciano dei Bagni oggi venga ospitato a Napoli, all’interno delle prestigiose sale del Museo Archeologico Nazionale. Tra l’altro la mostra si arricchisce anche di nuovi reperti provenienti dallo scavo appena concluso, segno di un’attività che prosegue, grazie alla sinergia con l’Università per Stranieri di Siena e il Ministero della Cultura, e che è ancora in grado di stupirci. E, parafrasando il titolo della mostra, siamo anche felici di sapere che presto i nostri Dei ritorneranno a San Casciano“, ha affermato la sindaca di San Casciano, Agnese Carletti.
Dopo il successo della mostra al Quirinale del 2023 la mostra arriva a Napoli in veste nuova e arricchita. Delle novità ce ne parla personalmente il Direttore generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, Luigi La Rocca: «sono poche ma molto importanti perché derivano proprio dagli ultimi scavi eseguiti questa estate per cui abbiamo messo in mostra un donario votivo con un’importantissima dedica alla fonte stessa in etrusco e latino: “Fons caldus flere avens” che in etrusco si può tradurre “Io sono la divinità della sorgente” mentre in latino “Io sono il fonte caldo”, ulteriore testimonianza della fase di passaggio tra il mondo etrusco e la conquista romana. Si tratta di un documento eccezionale dell’uso pubblico dell’etrusco ancora all’inizio dell’età augustea. La divinità, che sta parlando nelle due lingue, ben rappresenta l’esistenza di destinatari diversi fra le comunità accolte dal santuario: l’esigenza comune era di essere compresi da tutti». Tra i reperti inediti sottolinea La Rocca c’è «anche un pesciolino in cristallo di rocca rinvenuto in alcune fossette che sono all’esterno alla vasca per cui ci testimonia che il culto era più diffuso e poi c’è la straordinaria statua in bronzo rinvenuta negli scavi precedenti che però durante la mostra al Quirinale era in fase di restauro. È la statua di una orante delle fasi più antiche del santuario del II secolo a.C. dopo la rifunzionalizzazione del periodo etrusco».
LA MOSTRA
La mostra, curata da Massimo Osanna e Jacopo Tabolli, è stata presentata per la prima volta al Palazzo del Quirinale tra giugno e dicembre del 2023, grazie all’iniziativa della Presidenza della Repubblica. Il nuovo allestimento al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, arricchito da nuovi reperti provenienti dallo scavo della scorsa estate, è stato progettato da Guglielmo Malizia e Chiara Bonanni.
I QUATTRO REPERTI MAI ESPOSTI
Tra i reperti mai esposti al pubblico spicca la statua in bronzo che rappresenta una orante figura femminile con le mani aperte per la preghiera. «La donna indossa un chitone e un mantello; il suo viso è incorniciato da una chioma finemente pettinata e lunghe ed eleganti trecce avvolte cadono sul petto. La scultura rimanda a figure con manto trasverso diffuse sin dalla prima età ellenistica, e può essere datata alla metà del II secolo a.C. Il manufatto è stato rinvenuto nell’insieme di offerte all’interno della vasca sacra, in un gruppo di statue che abbracciavano un grande tronco di quercia. La scultura di devota orante era deposta a testa in giù, come a voler rivolgere la sua preghiera verso il cuore della sorgente termale».
Il secondo reperto inedito è la base di un donario in travertino, che eccezionalmente presenta un’iscrizione bilingue. «La metà destra è redatta in etrusco, con lettura da destra a sinistra, mentre la metà sinistra è in latino, con una lettura da sinistra a destra: [f]lere havens – [fon]s caldus che si può tradurre (Io sono il) Nume della Fonte – (Io sono il) Fonte Caldo. A parlare è la divinità stessa, che dobbiamo immaginare rappresentata al di sopra della base del donario. Si tratta di un documento eccezionale dell’uso pubblico dell’etrusco ancora all’inizio dell’età augustea. La divinità, che sta parlando nelle due lingue, ben rappresenta l’esistenza di destinatari diversi fra le comunità accolte dal santuario: l’esigenza comune era di essere compresi da tutti. Dalla campagna di scavo del 2023 al santuario del Bagno Grande provengono numerosi nuovi bronzi, riconducibili alle pratiche religiose e rituali di questo luogo di cura termale. Tra questi, benché di piccole dimensioni, spicca un reperto che può essere inserito nel gruppo degli ex-voto anatomici. Si tratta probabilmente di un rene “in versione miniaturistica».
Infine, intagliato in un prezioso frammento di cristallo di rocca perfettamente trasparente, con rare e impercettibili impurità, vi è un pendente a forma di pesciolino. «Il cristallo di rocca era ritenuto nell’antichità portatore di numerose proprietà benefiche e mediche, oltre ad essere usato come lente ustoria per curare le ferite; inoltre, essendo interpretato come ghiaccio pietrificato, era reputato utile a preservare il sonno dei defunti e a ritardarne il disfacimento del corpo. Il reperto si data ai primi decenni del I sec. a.C. ed è stato rinvenuto presso la sorgente di acqua fredda esterna al tempio, dentro un focolare, in associazione con una lama di coltello in ferro».
LE ALTRE OPERE ESPOSTE AL MANN
Fra le opere di San Casciano esposte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, si notano la splendida statua in marmo dell’Afrodite del tipo di Doidalsas, copia romana di età traianea (II secolo d.C.) da un originale ellenistico, rinvenuta nel Cinquecento presso la sorgente della Doccia della Testa; dalla vasca sacra del Bagno Grande, proviene invece la statua in bronzo di Apollo in atto di scagliare una freccia, risalente al 100 a.C.
Accanto alle statue delle divinità, vi sono le raffigurazioni di offerenti, come il personaggio togato databile al I secolo a.C., che presenta molte affinità con il celebre Arringatore conservato al Museo Archeologico Nazionale di Firenze; ancora, da non perdere la statua maschile di un giovane malato, rappresentato nudo e in posizione orante: sulla gamba sinistra reca un’iscrizione latina che ricorda come L. Marcio Grabillo offrì a Fons un donario composto, oltre che da questa statua, da altri sei simulacri in bronzo (signa)e da sei arti inferiori.
Testimonianza dei dedicanti sono anche i votivi anatomici che riproducono parti del corpo umano (fra cui un orecchio in bronzo con la dedica alla Fortuna primigenia, divinità che tutelava la sorgente fin dalla fase più antica), e le monete romane offerte in età imperiale. Il fulmine in bronzo, deposto insieme a una freccia in selce all’interno di uno strato di tegole e coppi, evoca il fulgur conditum: il rito del fulmine sepolto, in base al quale tutto ciò che all’interno di un tempio o di un santuario veniva colpito da un fulmine doveva essere sepolto, così come il fulmine stesso. Tale strato di laterizi sigillò l’antica vasca etrusca, aprendo la strada alla monumentalizzazione del santuario in età romana, durante il regno dell’imperatore Tiberio (I secolo d.C.).
Il catalogo è a cura di Treccani, con la sponsorizzazione tecnica di Intesa Sanpaolo. Hanno inoltre finanziato lo scavo e i restauri per la mostra Friends of Florence, Ergon, Robe Cope per Vaseppi, Banfi srl e il Castello di Fighine.
San Casciano dei Bagni – L’Accordo di valorizzazione e il nuovo museo
In continuità con l’esposizione del Quirinale, il percorso di visita si configura come una scelta di opere rappresentative fra quelle che faranno parte dell’allestimento permanente. Il nuovo museo nazionale avrà sede nel Palazzo dell’Arcipretura di San Casciano dei Bagni, acquistato dal Ministero della Cultura con il rogito del 19 giugno 2023, e ospiterà i reperti provenienti dallo scavo del Bagno Grande, dalle ricognizioni archeologiche e dalle collezioni storiche del territorio.
Il progetto rientra in un più vasto programma strategico, delineato nell’Accordo triennale per la valorizzazione e promozione del patrimonio archeologico di San Casciano dei Bagni, siglato nel febbraio 2022 dal Ministero della cultura, tramite la Direzione generale Musei e la Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio, dalla Regione Toscana, dal Comune di San Casciano dei Bagni e dall’Università per Stranieri di Siena, ai sensi dell’art. 112, comma 4 del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004.
Nell’Accordo di valorizzazione è prevista l’esecuzione di nuove ricerche e scavi nell’area delle acque termali del Bagno Grande. Si prevede anche la costituzione di un Parco Archeologico-Termale, del Museo e di un Hub internazionale di ricerca. In questo quadro, il Palazzo dell’Arcipretura potrà diventare un luogo di riferimento per le operazioni di conservazione, tutela, esposizione e valorizzazione dei reperti provenienti dal complesso santuariale legato alle acque termali di San Casciano dei Bagni e, in particolar modo, dal deposito votivo del Bagno Grande che ha restituito i celebri reperti in bronzo.
Foto di Anna Russolillo