Questa mattina, mentre ero dal giornalaio, ho incontrato un amico sacerdote che non vedevo da tempo al quale feci omaggio di UN UOMO BUONO, il libro in cui ho raccontato la tragedia che vivemmo quando papà si ammalò di Alzheimer. Tralasciando gli apprezzamenti sul libro, mi ha stupito la sua domanda “Quanto tempo è passato dallo svolgersi di quei fatti?”. “Non meno di dodici/tredici anni” ho risposto. A quel punto ha assunto un’aria sconsolata e ha detto, “Non immagini quante storie come la tua mi vengono raccontate. E ti assicuro che, nonostante siano trascorsi tutti questi anni da quando è finito tuo padre, non è cambiato assolutamente nulla. Le vostre difficoltà – i problemi con le badanti, le beghe burocratiche, la malasanità, le pecche assistenziali – sono le stesse anche per gli altri. È come se il tempo si fosse fermato alla data in cui lui finì!”.
La motivazione che mi spinse a scrivere il libro fu il bisogno di purgarmi dalle scorie lasciate dentro di me dal dolore di quegli eventi. Tuttavia ero consapevole che il libro non era solo una sorta di racconto per rendere omaggio a papà, ma una denuncia sociale di un dramma che, come ho avuto purtroppo modo di appurare nel corso degli anni confrontandomi con quanti hanno avuto o hanno la sventura di vivere simili tragedie, ripropone in fotocopia le stesse problematiche.
L’idea che tuttora le famiglie degli ammalati di Alzheimer, e di tanti ammalati bisognosi di assistenza ventiquattrore su ventiquattro, si sentano completamente abbandonate dalle istituzioni, non avendo alcun sostegno dallo Stato, rivivendo le stesse drammatiche e paradossali esperienze che vivemmo noi all’epoca con papà, mi manda in bestia. Ho sempre pensato che uno Stato che si rispetti debba preoccuparsi di sostenere con leggi adeguate e azioni concrete tutte quelle famiglie costrette ad affrontare simili tragedie. Ogni volta che riascolto in maniera trita e ritrita situazioni che ben conosco, ho la sensazione che i politici, in maniera del tutto trasversale, di queste tragedie se ne infischino – non escludo che qualcuno che se ne preoccupi per davvero non esista… – in quanto avvengono nell’intimità della mura familiari, quindi lontane dal clamore mediatico e restando ignote alla massa. Di conseguenza, non suscitando l’interesse e la sensibilità dell’opinione pubblica, non interessano alla classe politica che ama invece nutrirsi delle grandi tragedie quali alluvioni, terremoti, frane ché fanno audience e garantiscono loro visibilità attraverso una passarella sui luoghi del disastro orchestrata a regola d’arte dai loro staff con la complicità dei media.
Di libri, inchieste giornalistiche e film sull’Alzheimer e su tante altre simili tragedie ne esistono un’infinità, anche di autori di notevole spessore. Se nonostante ciò, a distanza di anni, i problemi continuano a essere gli stessi il dubbio che la questione non interessa a nessuno ti coglie!