Il mondo scientifico è impegnato nello studio sul modello della genesi ed evoluzione della caldera dei Campi Flegrei e del ruolo che hanno avuto le grandi eruzioni dell’Ignimbrite Campana e del Tufo Giallo Napoletano.
All’Ignimbrite Campana attualmente si attribuisce un’età di circa 40.000 anni ( Fedele ed altri 2011) Quando ero studente la si datava circa 35.000 anni.
All’eruzione del Tufo Giallo Napoletano si attribuisce un’età di 15.000 anni mentre quando ero studente la si datava circa 12.000 anni. Questa differenza è dovuta ai diversi metodi utilizzati e che attualmente hanno margini di errore ridotti rispetto al passato.
L’Ignimbrite Campana è un’eruzione dalla dinamica piuttosto complessa ed è caratterizzata da 4 facies litologiche:
- Tufo grigio litoide
- Breccia Museo
- Cinerazzo (piroclastite sciolta)
- Tufo giallo
All’interno della caldera flegrea si riconosce in affioramento la Breccia Museo: a Monte di Procida, sull’isola di Procida, sotto S.Martino, etc, Nel territorio di Giugliano e nella zona dell’agro aversano è presente massicciamente la cosiddetta “fase gialla”.
Breccia Museo (Procida)
L’intero abitato di S.Agata dei Goti (in provincia di Benevento) poggia sui prodotti dell’Ignimbrite Campana: la fase grigia litoide è sovrapposta alle piroclastiti sciolte.
Il Tufo Giallo Napoletano costituisce l’ossatura litologica dell’abitato del centro partenopeo e lo si può riconoscere per esempio sulla collina di Posillipo ed ai Camaldoli. Si ricorda che esso non si è depositato in forma litoide, lo è diventato attraverso un processo successivo di “zeolitizzazione”.
I Campi Flegrei sono conosciuti universalmente come una caldera cioè un ampio territorio ribassato a seguito di un’estesa eruzione vulcanica. Il vuoto formatosi nella crosta terrestre, avrebbe provocato un collasso centrale, bordato da alti strutturali.
Già all’inizio degli anni 90, in alcune aule di studio propedeutiche ad un lavoro sul territorio di Napoli, discutevo con alcuni colleghi dell’ampiezza della caldera flegrea e se essa comprendesse l’abitato della città partenopea. Nell’ipotesi che la caldera si limitasse alla collina di Posillipo, si identificavano alcuni crateri extra – calderici ubicati ad est di Posillipo (es. Parco Margherita) mentre altri come la Solfatara, gli Astroni etc venivano definiti intra – calderici.
Ancora oggi il mondo scientifico si divide su questa discussione dando luogo ad accesi dibattiti a suon di pubblicazioni e relazioni in congressi scientifici.
Il prof Scarpati (docente di Vulcanologia della Federico II di Napoli) ha sviluppato un suo modello evolutivo, ritenendo che la caldera flegrea si fosse formata a seguito dell’eruzione dell’Ignimbrite Campana includendo l’intero abitato di Napoli fin circa ai Ponti Rossi. (Scarpati ed altri 2013 e 2015) Egli ammette inoltre che a seguito dell’eruzione del Tufo Giallo Napoletano, si sia generata una seconda caldera completamente inclusa nella prima, mediante una collasso il cui bordo sarebbe ben evidente con la collina di Posillipo.
Il professore inoltre avrebbe individuato le aree di emissione delle due eruzioni: l’Ignimbrite nella zona di Quarto in Campania, il Tufo Giallo Napoletano nella zona di Agnano – Fuorigrotta. (Scarpati ed altri 2016 – 2021)
La discussione scientifica su questo argomento è piuttosto vivace: il Prof. Rolandi (già docente dell’Università Federico II Napoli) il Prof. De Natale (1° Ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano INGV di Napoli) ed altri, ritengono inesistente la caldera dell’Ignimbrite Campana e riconoscono come unica struttura collassata quella del Tufo Giallo Napoletano.
L’eruzione dell’Ignimbrite Campana non avrebbe avuto luogo nell’area flegrea ma si sarebbe originata esternamente, a nord della stessa, nel “Giuglianese” ove, come già detto, è presente massicciamente in facies di Tufo giallo.
A sostegno di tale ipotesi gli autori mettono in evidenza i risultati di numerosi studi come le analisi delle litologie della perforazione del pozzo pilota effettuata qualche anno fa ad Agnano nel “Deep Drilling Project”. (De Natale ed altri 2015) In essa l’Ignimbrite sarebbe stata riconosciuta dagli autori ad una profondità troppo limitata rispetto a quanto ci si sarebbe aspettato. Tali risultati sono stati “contestati” di recente dal dottor. Di Vito (direttore dell’Osservatorio Vesuviano INGV di Napoli) intervenuto durante il workshop internazionale “Genesis and dynamics of large calderas Campi Flegrei and Canpanian Plain” tenutosi a Napoli dal 2 al 5 Maggio. Il Dott.Di Vito sostiene tra l’altro che il “cutting” attraverso cui sarebbe stata riconosciuta l’Ignimbrite non avrebbe certezze interpretative. E’ necessario sottolineare che i risultati delle perforazioni possono essere maggiormente affidabili con la tecnica del “carotaggio continuo” le rocce “carote” vengono conservate in apposite cassette e sono visionabili anche a distanza di tempo.
Il Prof. Rolandi durante il succitato workshop, ha illustrato le litologie affioranti in una cava del Giuglianese ritenendo inoltre significativa, a supporto della sua tesi, la successione stratigrafica di S.Martino dove è stato rinvenuto un lembo di Breccia Museo.
E’ importante sottolineare come l’attuale attività vulcanica sia inequivocabilmente confinata all’interno della caldera del Tufo Giallo Napoletano: la deformazione del suolo legata al bradisismo non si estende oltre e gli epicentri dei terremoti ad esso collegati sono confinati esclusivamente al suo interno.
E’ necessario fare anche un’altra considerazione: studi recenti hanno dimostrato che nei Campi Flegrei ci sia stata una terza eruzione areale datata circa 29.000 anni. ( R.Isaia ed altri 2019 ) senza alcun collasso successivo. E’ quantomeno curioso come si possa essere formata una caldera con l’Ignimbrite (40.000 anni) e con il Tufo Giallo Napoletano (15.000 anni) mentre ciò non sarebbe accaduto con la suddetta eruzione di età intermedia.
Risulta evidente che i Campi Flegrei sono soltanto una porzione di un’ampia area vulcanica dalla dinamica complessa e variegata la cui evoluzione difficilmente potrà essere spiegata univocamente e in dettaglio e che di conseguenza impegnerà a lungo gli studiosi.
Bibliografia essenziale
- Bulletin of Volcanology, 73, 1323-1336 – 2011
40Ar/39Ar dating of tuff vents in the Campi Flegrei caldera (southern Italy): toward a new chronostratigraphic reconstruction of the Holocene volcanic activity
L. Fedele, D. D. Insinga, A. T. Calvert, V. Morra, A. Perrotta & C. Scarpati
- Geol. Mag. 150 (3), 2013, pp. 412–425. c Cambridge University Press 2012 412 doi:10.1017/S0016756812000854
Eruptive history of Neapolitan volcanoes: constraints from 40Ar–39Ar dating
C Scarpati, A. Perrotta, S. Lepore, A. Calvert
- Rend. Online Soc. Geol. It., Vol. 33 (2015), pp. 88-91, 2 figs., 1 tab. (doi: 10.3301/ROL.2015.21) © Società Geologica Italiana, Roma 2015
Volcanism in the city of Naples
C. Scarpati , A. Perrotta D. Sparice
- Stratigraphy and physical parameters of the Plinian phase of the Campanian Ignimbrite eruption (2016)
C. Scarpati, A Perrotta
- Geologicamente (2021)
Le più grandi eruzioni esplosive dei Campi Flegrei
C.Scarpati ed altri
- The Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP): New insight on caldera structure, evolution and hazard implications for the Naples area (Southern Italy) 2015
G. De Natale, C. Troise, D. Mark, A. Mormone, M. Piochi, M. A. Di Vito, R. Isaia, S. Carlino,
D. Barra, R. Somma
- Geology (2019) vol 47 n.7
Prove di un’eruzione di grande magnitudo dalla caldera dei Campi Flegrei (Italia) a 29 ka
PG Alberto , B.Giaccio , R. Isaia , A.Costa , EM Niespolo , S.Nomade , A. Pereira , PR Renne ,