Oggi iniziamo con una rubrica intitolata: Magma letterario. In effetti, vivendo alle pendici di un vulcano, noto come Solfatara, siamo costretti a convivere con un fenomeno tellurico costante. Ogni scossa, breve o lunga che sia, ci porta a credere che siamo minuscoli esseri viventi, incapaci di dominare l’ardore che riempie la bocca di questa donna meravigliosa: Madre Terra.
Come tutti i figli cerchiamo di contrastarne la sua supremazia, uscendo sconfitti da una lotta impari, che non conosce tempo né intervalli.
Accompagnati dal ruggito di queste viscere bollenti, conduciamo una vita regolare, fingendo di respirare un’aria salubre, come quella sulfurea, ma dentro di noi si nasconde una paura atavica, che striscia sotto pelle e ci anima.
L’energia magmatica riempie gli alveoli, e nutre la scintilla che alimenta la creatività, così nei Campi Flegrei cresce il desiderio di costruire progetti e iniziative che serbano il sapore dell’autenticità.
Premesso ciò, oggi parliamo di un romanzo che ha fatto molto discutere, La vita intima di Niccolò Ammaniti, eccelso autore noto soprattutto per un romanzo, divenuto poi un bestseller Io non ho paura, che anche grazie alla trasposizione cinematografica, ha messo a nudo la crudeltà delle organizzazioni malavitose siciliane. Con ironia e malinconica veridicità, il rapimento di un bambino, evidenzia i paradossi contro di cui i protagonisti della vicenda si scontrano.
In La vita intima l’autore compie un volo pindarico nell’animo di una donna del XXI secolo. Bella, arrogante, ricca ma immensamente fragile, costretta a recitare un ruolo che ondeggia tra il pubblico e il privato. La sua apparente sicurezza subisce una forte scossa, il passato ritorna prepotente e la schiaffeggia in pieno volto, destrutturando lo scheletro su cui ha costruito il suo personaggio.
La falsa legalità, la morsa del ricatto, la sopraffazione, il mondo sommerso legato al social, forma la cupola su cui la storia prende vita e poggia le basi per una trama molto articolata, ma non restituisce un messaggio chiaro.
Entrare nella vita intima delle donne, non è un affare semplice, sebbene sia dotata di una sensibilità profonda, la storia di Maria Cristina Palma, appare svuotata di un filo conduttore. L’angoscia che l’autore cerca di trasmettere, si esaurisce dopo pochi capitoli, senza legare le parossistiche disavventure che la donna è indotta a subire.
L’analisi psicologica della protagonista, sfiora drammi che allucinano il lettore, per poi concludersi in un enorme bluff, intervallato da liriche descrizioni paesaggistiche.
Bisogna riconoscere che Ammaniti sfoggia una penna al vetriolo, venata da un sadico romanticismo, dove l’animo femminile è svuotato dai soliti cliché e recupera una vaga sicurezza, vittima di un sacrificio sentimentale calato in una torbida foschia, dove una labile luce è l’unica fonte di salvezza per l’unico bene immateriale che conosciamo: l’anima.