“Napoli ha avuto un grande filosofo: Pulcinella”, così diceva il grande poeta Napoletano, Libero Bovio.
Come dargli torto, Pulcinella incarna una saggezza universale, materiale e spirituale, può piacere agli scansafatiche come pure ai grandi uomini di scienza, perché Pulcinella è nato in un preciso momento nell’antichità ed ha attraversato tutti i periodi della storia fino ad oggi, restando sempre e solo un grande filosofo Napoletano.
La sua storia è per certi versi ambigua, molti hanno cercato di tracciarne i tratti, collocandolo un po’ ovunque, ma Pulcinella è sfuggente, si dimena, non vuole essere inserito da qualche parte, fermo a farsi ammirare dagli studiosi.
Alcuni affermano che il suo nome sia una corruzione di Puccio d’Aniello, un contadino di Acerra, dal volto abbronzato e rugoso e il naso lungo. Egli si unì a una compagnia di girovaghi come buffone, il suo volto fu reso famoso dal pittore Ludovico Caracci nel seicento.
Ritratto di Puccio d’Aniello
Tuttavia il nome di Pulcinella, o per meglio dire: Policinella, appare per la prima volta in una commedia di Silvio Fiorillo, (Capua 1565), che girò l’Italia vestendo i panni di una maschera Bolognese: Capitan Matamoros.
Questo è l’unico testo pervenutoci in cui appare per la prima volta il personaggio di Policinella. L’autore non ci dice di aver preso ispirazione dal contadino Acerrano, nella sua commedia intitolata: La Lucilla costante con le ridicole disfide e prodezze di Policinella, pubblicata nel 1602 e messo in scena dopo la morte dell’autore, nel 1632, Pulcinella è un personaggio cinico, buffone, astuto e beffardo, che lo vince in un duello.
Silvio Fiorillo e la sua commedia dove appare per la prima volta il personaggio di Pulcinella
Altri studiosi invece, affermano che la maschera di Pulcinella, discende dalle antiche Atellane, una tipologia di commedia in stile farsesco, nata proprio nei pressi di Napoli, ad Atella, da qui il nome.
Nell’Atellana c’erano quattro personaggi principali: Maccus, ingordo stolto, Pappus, vecchio stupido, Bucco, sbruffone e parlatore petulante e Dossennus, gobbo scaltro.
Nella commedia, i personaggi recitavano com’è in uso nello stile farsesco, esasperando i loro ruoli talvolta con caricature e talvolta con maschere grossolane. Pulcinella sarebbe stato concepito qui, dalla contaminazione di tutti questi personaggi, che facevano ridere gli spettatori della magna Grecia, attraversando le colonie Greche del sud nel IV secolo a.C.
Maschere Atellane
La sua fama lo condusse poi nel medioevo, dove nacque un’altra maschera probabilmente a lui ispirata, chiamata: “pulcino piccolo” personaggio burlone che parlava con un tono striminzito, per imitare appunto un pulcino.
Dal medioevo, come sappiamo si giunge a Silvio Fiorillo, che inserì il personaggio di Policinella, per la prima volta in una commedia, nel 1602, sempre in questo periodo si colloca la storia di Puccio d’Aniello, contadino di Acerra, dal viso abbronzato, rugoso e con il naso lungo, che dalla terra passò a fare il buffone in una compagnia di girovaghi.
Dal seicento passiamo all’ottocento, periodo in cui a Pulcinella fu dato un abito ben preciso. Fu l’attore Napoletano Antonio Petito a disegnare la divisa che tuttora notiamo in questo personaggio famoso in tutto il mondo: i pantaloni, il cappello e la casacca, tutto di colore bianco, una fascia rossa a stringere sui fianchi, e una maschera nera fino al naso.
Antonio Petito
Difatti prima di questo periodo, Pulcinella veniva rappresentato in forme e in abiti diversi, una figura quindi per molti versi simile alle maschere veneziane o comunque del nord Italia.
Un Pulcinella del seicento
Pulcinella opera musicale
Sergei Djagilev, un impresario russo, viaggiando a Napoli, scoprì nel conservatorio di San Pietro a Maiella alcune opere incompiute di Giovan Battista Pergolesi, e sempre nella biblioteca nazionale di Napoli, trovò molte bozze di opere che avevano come personaggio principale Pulcinella. Djagilev propose a Stravinskij di realizzare un opera su una partitura di Pergolesi con riferimento a Pulcinella. Dopo un iniziale indecisione, il musicista si convinse e realizzò l’opera. Per la messa in atto fu assunto Pablo Picasso per curare la scenografia.
Solo un personaggio come Pulcinella poteva avere un passato così strano, di difficile collocazione. D’altronde se fosse stato tutto ben chiaro e delineato, non sarebbe Pulcinella.
Con il passare dei secoli, da personaggio scaltro, furbo, chiacchierone, cinico e manesco, Pulcinella diventò un simpatico burlone, uno che farebbe di tutto per un piatto di maccheroni.
Scansafatiche, che vive di espedienti, una sorta di lazzarone popolare. Personaggi illustri del teatro e del cinema Napoletano hanno vestito i panni di questa maschera così amata, ognuno portando uno stile e una visione a lui consona, ma senza tralasciare i tratti principali del personaggio.
Pulcinella che suona il putipù Pulcinella vedovo, collezione privata di Giulio Mendozza Pulcinella che mangia gli spaghetti
Poverino però, l’hanno ritratto in tanti modi, ora come suonatore, ora come mangiatore ingordo, ora come fanfarone, ma Pulcinella non si offende, la sua maschera incarna l’anima di Napoli: sa scherzare, ridere e piangere allo stesso tempo. Egli non morirà mai, perché il suo è uno spirito millenario, che recita su più alti palcoscenici: quelli delle strade, delle case e della gente di Napoli.
Statua di Pulcinella, in via dei Tribunali