La fluidità dell’individuo occupa uno spazio assoluto all’interno di questo racconto poliziesco. La dualità dei protagonisti sostiene i cardini di una vicenda nera, in cui l’unico obiettivo comune è quello di alimentare la sete di potere e di rivalsa sociale. Intorno alla Svedese si muove un mondo sommerso organizzato secondo i canoni della criminalità locale, che da decenni governa i traffici illeciti tra le mura di Roma.
La bellezza estetica, la grazia e l’assoluta mancanza di amore verso il prossimo caratterizzano la narrazione, un’agitazione interiore alimenta gli spiriti dei protagonisti che si muovono all’interno di un enorme gabbia di cemento, interpretando ruoli diversi ma nel fondo tristemente simili tra di loro.
Al centro non troneggia solo la giovane donna chiamata la Svedese, ma anche la figura di un principe romano, incline a modi comportamentali che rasentano la pura ambiguità. Dichiaratamente amante dell’illusione emotiva e fisica indotta dall’uso di una bevanda la “Gina”, che riduce l’inibizione e converte chi la assume in un individuo capace di annientare ogni residuo di volontà personale.
L’ascesa della Svedese avviene quando per una serie di destini incrociati entra nel palazzo del Principe, e suo malgrado viene agganciata nella ruota dentata della sua esistenza.
La solitudine morale e sentimentale chiude ogni possibilità di crescita interiore e induce i protagonisti di questo racconto a fare i conti con gli abissi malevoli della perversione materiale e immateriale.
La storia percorre un doppio binario, uno terreno l’altro surreale che non tradisce la vena scrittoria del maestro De Cataldo, che con sapiente abilità muove i fili dell’universo nero.
Il linguaggio è aderente alla realtà, pieno di nomi propri emblematici e l’uso di uno slang romanesco colora e anima il palcoscenico su cui agiscono i personaggi.
Roma assiste al dramma che si compie sotto i suoi occhi, dall’alto dei suoi monumenti testimoni dormienti di una realtà scomoda e invalida, resa tale dalle storpiature morali compiute dai veri attanti.
La Svedese è una tragedia metropolitana 4.0, un inconsueto ritratto di donna diviso tra l’essere e l’apparire, cosciente della capacità seduttiva e artefice di un piano criminale sottile, ardito, ai limiti del possibile, in un mondo popolato da belve affamate, pronte a tutto pur di posare le mani sulla città eterna.