Come può un prodotto territoriale, regionale, come la piadina romagnola guadagnare l’appellativo di pizza che invece è un brand mondiale riconosciuto con i suoi standard definiti da un disciplinare, mentre l’arte del pizzaiolo è stata riconosciuta come patrimonio Unesco? Giuseppe Vesi, appartenente ad una famiglia di pizzaioli dalla storia centenaria interviene nella querelle di questi giorni sulla pizza. “Questo guerrilla marketing – afferma – così aggressivo, fa bene soltanto a chi vuole sfruttare il nome della pizza per interessi personali, la pizza è un’altra cosa. È un prodotto che viene realizzato, con le stesse caratteristiche in miliardi di esemplari ogni giorno, dall’Inghilterra alla Cina, dall’Australia all’Algeria, e nessuno ha mai chiesto in alternativa la pizza romana – che poi è la focaccia -, la piadina, o quella salernitana”. Giuseppe Vesi ha deciso di dire la sua perché “questa polemica ci ha sfiancato”. E parla al plurale perché ha raccolto i sentiment di tanti colleghi che, attraverso i social, hanno espresso i loro pareri uniformi riguardo a quella che non è altro che pubblicità per un imprenditore che sta usando il nome di un prodotto come la pizza per far conoscere il suo di prodotto che con la pizza non ha nulla a che vedere. “Due associazioni di categoria – prosegue Vesi – tutelano e promuovono il brand mondiale dal nome pizza. E sono le uniche preposte a parlare a riguardo”. “Poi ci sono tanti colleghi che sono allettati dall’idea di una collaborazione con un imprenditore di altissimo profilo, ma non è il nostro caso”. “La pizza – conclude – è qualcosa che non si può capire fino in fondo se non si è napoletani. A proposito voglio dire una cosa che mi ha colpito molto. Come scrive Marino Niola ‘l’arte dei pizzaiuoli napoletani è l’espressione di una cultura materiale e immateriale che unisce. Tanto che a Napoli non si dice andiamo a mangiare una pizza, ma andiamo a farci una pizza insieme. Che è tutt’altra cosa. Significa che ci si ritrova in pizzeria per assaporare il gusto della convivialità. E che la pizza non è fatta solo dal pizzaiuolo ma è idealmente coprodotta anche dai commensali’ ”.