Sabato 12 marzo all’Art Garage di Pozzuoli (Parco Bognar, 21 –Pozzuoli/Na, nei pressi della stazione della metropolitana di Pozzuoli Solfatara), per la rassegna fotografica Foto ArtinGarage curata da Gianni Biccari, si è inaugurata la mostra fotografica di Alma Carrano “… e questa è un’altra storia”. La mostra, che si protrarrà fino al 24 marzo, sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 21; il sabato dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 20. Domenica chiusa. Per l’occasione abbiamo intervistato Alma Carrano
Come nasce Alma Carrano fotografo?
Tardi. Da ragazza iniziai a fare riprese cinematografiche grazie a una cinepresa corredata di tutta l’attrezzatura che papà acquistò da un amico ottico per aiutarlo in un momento di difficoltà. Alla fotografia mi sono avvicinata quando mi sono sposata grazie a una macchinetta analogica che mi fu regalata per l’occasione. Da lì iniziai a fotografare durante i viaggi che facevo. Ma il punto di svolta è stato il corso fotografico che ho fatto con Augusto De Luca al quale devo tutto il mio entusiasmo fotografico.
Alma tu vivi di fotografia?
No, ero un insegnante di materie scientifiche, la fotografia è un hobby.
Quando hai iniziato ufficialmente la tua attività fotografica?
Abbastanza recentemente seguendo un’amica fotografa, Francesca Sciarra, partecipando ai laboratori FIAF e frequentando la Flegrea Foto grazie alla quale, attraverso Tiziana Mastropasqua, ebbi modo di partecipare a un workshop dove dovevamo ritrarre una ballerina che danzava.
Alma qui esponi tre generi di foto: uno che potremmo definire surreale; uno nel classico bianco/nero; uno dove primeggiano i colori.
Per quanto riguarda queste foto dove il colore risalta, sono state le prime cose che ho fatto. Sono un sandwich composto da due diapositive sovrapposte l’una sull’altra da cui veniva fuori uno scenario nuovo, un mondo diverso, un po’ visionario come piace a me.
Questa è la tua prima mostra fotografica?
No, ne ho fatte diverse, sia collettive che personali. La mia prima mostra personale la devo al CAI, al club alpino italiano che frequentai per tutti gli anni novanta. All’epoca il presidente del CAI era Piciocchi il quale aveva molta fiducia in me come fotografo tanto da farmi fare la mia prima mostra fotografica lì a Castel dell’Ovo dov’è tuttora la sede del CAI. Altre ne ho fatte al Circolo Artistico Politecnico, all’American Studies Center, al Koesis, e in occasione del marzo donna. Inoltre la vittoria in qualche premio fotografico ha sicuramente contribuito ad accrescere la mia voglia di continuare su questa strada.
Vedo che i paesaggi li fotografi in bianco/nero, è una scelta tua o che?
Originariamente erano paesaggi a colori che successivamente ho rielaborato in bianco/nero in rapporto al percorso mentale che ho fatto. Questo è uno dei motivi da cui il titolo della mostra Questa È Un’Altra Storia. A me non interessa la singola fotografia, anche se ovviamente se lo scatto viene bene mi riempie di gioia, ma la riuscita del progetto che ho intenzione di sviluppare.
I tuoi punti di riferimento come maestri chi sono?
Sicuramente Giovanni Gastel.
Cosa ti aspetti da questa mostra?
Che i visitatori restino emozionati dai miei scatti.
Progetti per il futuro?
Con il Nuovo Laboratorio FIAF stiamo lavorando a un progetto che ha per tema i confini.
A proposito di confini, visto quello che sta accadendo in Ucraina, in un momento così drammatico quale apporto può dare un fotografo?
Oggi stavo guardando dei documenti di Giulio Piscicelli, un giovane fotografo che si interessa di fotografia di guerra. Sicuramente l’apporto fotografico in un contesto del genere è quanto mai fondamentale per far conoscere la verità, seppure le immagini sono spesso crude. Ma la verità è dura da digerire.
In bocca al lupo.
Crepi!