Il regno dei morti trovò nei Campi Flegrei un nuovo ingresso. “Una spelonca profonda, protetta da un cupo lago e dalle tenebre dei boschi, sopra la quale nessun volatile poteva impunemente avventurarsi ad ali spiegate”: così Virgilio, nel sesto libro dell’Eneide, descriveva il lago d’Averno.
Qui gli antichi individuarono l’ingresso degli inferi, qui per gli antichi romani i vivi potevano incontrare i morti, qui Zeus aveva combattuto contro i Titani.
Il mitico lago aòrno, sui cui miasmi non potevano volare gli uccelli, per la prima volta viene indagato scientificamente.
L’Ente Parco regionale dei Campi Flegrei, ha attivato un progetto denominato “Operazione Averno”, una attività di monitoraggio e indagine scientifica per conoscere lo stato ambientale ed ecologico del Lago d’Averno.
Tale attività, che si concluderà nella primavera 2022, consentirà all’Ente Parco, alle Istituzioni Scientifiche e alle Amministrazioni territoriali locali di conoscere lo stato di salute del Lago.
L’Ente Parco, gestore dei Siti Natura dei Campi Flegrei, partendo da queste indagini preliminari effettuate con un rilievo batimetrico e campionamenti ha lo scopo di definire un modello di monitoraggio sulla biodiversità da estendere periodicamente all’intero sistema dei laghi e delle lagune salmastre flegree.
Partendo da questa indagine l’Ente Parco regionale dei Campi Flegrei, applicando specifiche direttive Comunitarie “Uccelli” e “Habitat”, potrà proseguire con la definizione di un piano di gestione del lago d’Averno per ricostituire l’equilibrio dell’ecosistema eventualmente risultante in stato di crisi.
Il fine perseguito dall’Ente Parco, con questo progetto è quello di conoscere, valorizzare e rendere fruibile in forme adeguate i Beni naturali dei Campi Flegrei.
Il Piano di gestione, che l’Ente Parco si accinge a redigere, potrà consentire al territorio flegreo di preservare il ricco e variegato patrimonio naturale, riconosciuto dalla Comunità Europea.
Le attività in programma con il progetto Operazione Averno, sono condotte dal team coordinato dal professor Sergio Bravi del Dipartimento di Scienze della Terra, Ambiente, Risorse dell’Università degli Studi di Napoli Federico II