Sabato 4 dicembre, nell’ambito della rassegna fotografica FOTOARTinGARAGE curata da Gianni Biccari, all’ArtGarage di Pozzuoli – Parco Bognar 23, nei pressi della stazione della metro 2 Pozzuoli Solfatara – si è inaugurata la mostra fotografica INVISIBILE di Matteo Anatrella. La mostra durerà fino al 17 dicembre e sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 22 e il sabato dalle 10 alle 20. Domenica chiuso.
Per l’occasione abbiamo intervistato l’artista.
Matteo se definisco le tue foto inquietanti lo ritieni un complimento, un’offesa o cosa?
Lo ritengo un punto di vista, ci sta. Alcune le ho trovate inquietanti anche io. Non a caso il titolo della mostra, Invisibile, vuole essere una rivelazione: ho proposto ai soggetti un altro modo di vedersi e alcuni di loro, viste le foto, si sono trovati inquietanti.
Perché questo genere di fotografia che dà l’impressione di trovarsi al cospetto di fantasmi?
Anche in passato ho lavorato sull’identificazione tra l’Io e il Sé, provando a tirare fuori un punto di vista alternativo rispetto a quello cui siamo abituati, anche rispetto ai classici filtri di bellezza utilizzati per pubblicare le foto sui social. Quindi provare a mostrare allo stesso soggetto qualcosa che non sa di avere, in cui non si riconosce e non viene riconosciuto. Filtrare l’immagine attraverso la plastica che crea un effetto differente rispetto alla pelle nuda. Tieni conto che le fotografie sono realizzate mentre i soggetti compiono dei movimenti. Bloccare i movimenti di un soggetto fa venire fuori una sorta di selfie estemporaneo che dura giusto il tempo dello scatto.
Paradossalmente potremmo affermare che con questo tipo di foto hai fatto qualcosa di simile a quello che, si dice, fece il Sammartino con il Cristo Velato situato nella Cappella di San Severo a Napoli?
Sarebbe qualcosa di positivissimo per cui me lo prendo e porto a casa! Essendo la Cappella San Severo uno dei luoghi della città a me più cari, dove spesso accompagno amici che vengono da fuori, probabilmente il Cristo Velato ha suscitato in me un certo tipo di suggestioni facendo sì che dessi poi vita a queste genere di fotografia.
Suggestioni di stampo esoterico?
No, non arrivo a quello, mi fermo molto più in superficie. Suggestioni date da quel modo di raccontare, di mascherare. Ma, nello stesso tempo, far venire fuori un punto fi vista alternativo del soggetto. Ecco perché il titolo della mostra è Invisibile.
Una sorta di fotografia psicologica…
Quello senz’altro! Cercare di creare una connessione particolare tra me e il soggetto inducendolo a compiere dei movimenti in assoluta libertà nelle condizioni che prediligeva: c’è stato chi ha voluto della musica e chi invece il silenzio assoluto, esternando in questo modo la propria anima.
Queste foto sono un esperimento o è proprio il tuo genere di fotografia?
Adesso dirò una cosa che a molti farà storcere il naso, visto che ai miei allievi dico sempre che bisogna crearsi un proprio stile personale. Vivendo di fotografia commerciale, mi occupo di moda e pubblicità, credo di avere acquisito un mio modo di raccontare. Ma ammetto che mi piace sperimentare, anche su me stesso.
Matteo dove insegni?
Allo IUAD, all’accademia della moda, sia nel corso di graphic design che fashion design in cui tratto tecniche e teorie fotografiche. Poi tengo corsi privati ad allievi che vanno dall’età universitaria fino ad allievi vintage che hanno riscoperto la passione della fotografia una volta che sono andati in pensione.
Come nasce la tua passione per la fotografia?
Da ragazzino, dall’età di tredici anni, grazie a mio padre che era un fotoamatore incallito. Ricordo che ogni volta che rientravamo da un viaggio, convocava a casa gli amici perché vedessero le diapositive che aveva scattato.
Da quello che ho capito tu vivi di fotografia
Sì, vengo pagato per fotografare! (sorride)
Quindi sei tra quei fortunati che riescono a vivere della propria passione.
Sì, difatti io dico che ho la fortuna di non dover lavorare.
La mostra che esponi all’ArtGarage ha già avuto precedenti esposizioni?
No, questa è la prima volta e avrà molto probabilmente un percorso ma ci penserò in seguito. In realtà le foto non nascono per un progetto espositivo, bensì per un libro che presenterò stasera insieme alla poetessa, anzi poeta, Melania Panìco. È il secondo libro a cui lavoriamo insieme, dando vita a questo connubio foto e poesia.
Precedentemente dove hai esposto?
Un progetto simile a questo dal titolo SOUL AND MATRIX l’ho esposto al PAN di Napoli e alle Fonderie di Verona.
Progetti per il futuro?
Vivendo di fotografia, di progetti ne ho tanti che mi frullano nella testa. Con Gianluca Costagliola sto lavorando per Edizioni Fioranna a progetto su Procida ma che non rientrerà nel calderone di Procida 2022.
Perché?
Per quell’evento c’è un tale affollamento, una vera e propria inflazione, che preferiamo lavorare con calma e presentare il lavoro, quando le acque si saranno calmate, nel 2023.
Ultima domanda: visto che tu stesso hai ammesso che non lavori ma vivi della tua passione, cosa vuoi fare da grande?
Continuare a fotografare, assolutamente!