Il Natale: festività religiosa che a Napoli ha attecchito in maniera indissolubile nel cuore della gente. Come da tradizione, si aspetta l’otto Dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione di Maria, per dare vita ai preparativi, ed ecco che la Napoli di sempre si sveste, e indossa le luci che in mille salse formano le luminarie sparse in ogni angolo della città, veste le miriadi di presepi che abbagliano per la loro maestosità, si cala nei panni degli zampognari che navigano di casa in casa e di negozi in negozi per suonare la “novena”, e s’immerge nelle squisite opere delle cuoche e delle casalinghe, quando preparano i deliziosi piatti della tradizione natalizia Napoletana.
Il presepe
Tutto inizia dagli addobbi, e il presepe è in cima alla lista delle cose da preparare. Si tira fuori dalla cantina dove è giaciuto per un anno, si toglie via la polvere accumulata e si scarta la copertura, quindi si posiziona in un punto scelto, e vi si aggiungono i pastori e magari qualche altra novità che l’ispirazione avrà portato.
Particolare dei pastori del Presepe Napoletano
Il pino addobbato: un’invenzione dei popoli nordici, è pure apprezzato dal popolo Napoletano, anche se non fa parte del DNA della cultura Partenopea. Le mamme Napoletane si preoccupano di posizionarlo in un posto in cui sia ben visibile, perchè deve essere visto, in special modo se è grande e ben addobbato.
San Gregorio Armeno
Chiesa di San Gregorio Armeno
E’ la chiesa di San Gregorio Armeno che dà il nome alla via, ormai sede delle famose botteghe presepiali. Il complesso religioso fu realizzato con molta probabilità nell’ottavo secolo d.C. da alcune monache Basiliane, in fuga da Costantinopoli. Con loro, le monache portarono le reliquie di Santa Patrizia e di San Gregorio, vescovo Armeno del terzo secolo. La chiesa attuale è stata realizzata nel quattordicesimo secolo.
Reliquario di Santa Patrizia
Nella chiesa di San Gregorio Armeno “un trionfo del Barocco” avviene il miracolo della liquefazione del sangue di Santa Patrizia, compatrona di Napoli, il 25 Agosto.
Simbologia del Presepe Napoletano
C’è magia intorno al presepe, questo, un Napoletano lo sa. Sono secoli ormai che il presepe è divenuto parte del tessuto sociale Napoletano, da che era un’opera artistica abbordabile per il ceto più elevato, nel settecento divenne oggetto dell’attenzione del popolo tutto, quindi gli artigiani iniziarono a costruire opere sempre più vicine allo stile di quel tempo: settecento Napoletano, quindi si vedevano raffigurate le strade di basolato lavico, le casupole con tegole e camini, le botteghe dei pescivendoli e delle taverne e personaggi dal volto ambiguo.
Benino
Pastore della meraviglia
Il zampognaro Natività sotto un arco romano Ciccibacco
Benino: dopo la santa famiglia, è il pastore più importante, perchè nella simbologia del presepe, è colui che sogna l’evento e tutto ciò che si muove intorno a esso, quindi è posto in cima al presepe, e al risveglio, racconterà il miracolo della nascita di Gesù.
Il pastore della meraviglia: rappresenta lo stupore dell’uomo dinanzi al miracolo della divinità, di solito è posizionato in prossimità della grotta.
Il zampognaro: altra figura emblematica, non c’è presepe che non abbia almeno un zampognaro, posto dinanzi alla mangiatoia, vestito come un pastore di greggi, egli richiama il mondo ad adorare il bambin Gesù con il suono della zampogna.
Natività sotto un arco romano: il fatto di rappresentare la natività sotto un arco spezzato di epoca romana, è dovuto alla simbologia del nuovo che ammazza il vecchio, ossia Cristo che spezza gli ultimi echi del paganesimo.
Ciccibacco ‘ncopp’ ‘a votte: rappresenta l’uomo che dinanzi al miracolo di Cristo, non perde occasione per dimostrare il suo smodato attaccamento alla vita.
Luminarie
Come in ogni grande città, anche Napoli s’immerge nelle grandi luminarie: giochi artistici luminosi, che rispecchiano l’armonia e la magia del Natale.
Gli Zampognari
La zampogna è uno strumento a fiato, diffuso nel sud Italia nelle zone rurali. L’uso della zampogna, si tramanda di padre in figlio, i suonatori sono contadini e pastori, che nel periodo natalizio giungono in città dai campi, per suonare le melodie tipiche della festività, una su tutte: Quanno nascette ninno, di Sant’Alfonso Maria de Liguori, che in seguito la tradurrà in Italiano chiamandola: Tu scendi dalle stelle.
Dal giorno dell’Immacolata concezione e fino a pochi giorni prima della vigilia, per le strade di Napoli è tutto un suonare di zampogne, tra case, locali e vicoli. Ricordo personalmente la bellezza di quel suono, quando da bambino lo sentivo arrivare dalla strada, era segno che il Natale era vicino. Gli zampognari non si limitano a suonare il proprio strumento nel solo periodo natalizio, ma anche in altri periodi dell’anno, come nel tempo delle raccolte, o durante le festività religiose del luogo.
Dolci di Natale
Un’altra fondamentale tradizione Natalizia, riguarda la pasticceria, nella fattispecie, i dolci natalizi. I Napoletani riservano per il cibo una speciale attenzione, e la sera della vigilia, la cucina di ogni famiglia Napoletana, si trasforma in una vera fucina di leccornie.
Struffoli: un impasto di farina, uova, burro e zucchero, diviso in piccole palline fritte e ricoperte di miele, decorate con varie caramelline di colori diversi. E’ uno dei dolci tipici della tradizione natalizia Napoletana.
Raffioli a cassata o cassatine: un mix di ricotta e zucchero, su di una lingua di pan di Spagna, ricoperto di glassa di zucchero, su un piccolo lembo di pasta di mandorla di colore verde. Una bomba calorica, ma anche una vera delizia.
Raffiolo semplice e mostacciolo: il raffiolo semplice, è composto da semplice pan di Spagna ricoperto di glassa di zucchero, mentre il mostacciolo, ha un impasto di farina, cacao, ammoniaca per dolci e pisto, quest’ultimo, elemento fondamentale presente anche nel roccocò; oltre a dare il sapore tipico, indurisce l’impasto a seconda della quantità adoperata. Il mostacciolo è ricoperto di cioccolato fondente, al palato si presenta duro.
Roccocò: il roccocò, è il classico dolce che ti viene in mente a Napoli, in prossimità del Natale. L’impasto è duro, e così si presenta al palato, ma il gusto è un’armonia di sapori in cui primeggiano le mandorle, poi un lieve retrogusto di arancia conclude l’opera pronta a essere di nuovo apprezzata.
Susamiello o Sapienza: il susamiello ricorda per certi versi, i biscotti di pan di zenzero, sono fatti di farina, zucchero, mandorle, miele, e un mix di noce moscata e anice. Sono chiamati anche Sapiena, perchè erano i biscotti che le suore clarisse di Santa Maria della Sapienza, preparavano nel sedicesimo secolo.
Pastiera: la pastiera è un dolce perlopiù pasquale, ma anche a Natale trova la sua collocazione in ogni famiglia Napoletana che si rispetti. La pastiera è una delizia di pasta frolla farcita di ricotta, zucchero, semola e canditi, un vero mix di calorie e di meraviglia al palato.
Cenone di Natale
A Napoli, la sera della vigilia, rappresenta il momento più importante della festività. E’ come il rullo di tamburi che anticipa l’evento, e c’è un’intensa attività di regali da sistemare sotto l’albero, di tavole e sedie da sistemare nel luogo della cena, tovaglie rosse e stoviglie che fanno da abbinamento, un viavai di energie che generano la magia dell’attesa, e inoltre, la superba quanto snervante preparazione del cenone. Così come per i dolci, a Napoli, le pietanze che arricchiscono il cenone, sono parte fondamentale del Natale, e c’è una simbologia sacra nella tradizione culinaria, che non cambia.
L’insalata di rinforzo: è composta da cavolfiore, olive verdi e nere, sottaceti vari, acciughe e papaccelle “una sorta di peperoni in agrodolce” è un tipico piatto della tradizione natalizia Napoletana, e a tavola viene servito a metà della cena.
Baccalà: dietro il baccalà, c’è un lavoro che richiede un’attenzione particolare. E’ un altro piatto tipico del cenone natalizio Napoletano, e non deve mai mancare. C’è chi ama comprarlo essiccato, in lingua Napoletana: ‘a scella ‘e baccalà; si lascia dunque in acqua tre o quattro giorni prima della vigilia, in modo da far scaricare buona parte del sale, e poi vien fatto rotolare in un pò di farina e quindi fritto.
Capitone: è un’anguilla, e a Napoli la sera della vigilia, lo trovate spezzettato, avvolto nella farina, fritto e pronto per essere mangiato.
Spaghetti con vongole: è il primo piatto per eccellenza, e costituisce una tradizione storica che non viene mai a mancare.
Poesie di Natale
Buono Natale Salvatore Di Giacomo
Teresì, buono Natale!
Penza, oinè, ca ‘o Bammeniello
fattose ommo è tale e quale
comm’ a ll’ate, grussiciello,
‘ncopp’’o munno scellarato,
senza fa’ male a nisciuno,
secutato e maltrattato,
‘ncroce, oi né, jette a fernì!
E ‘st’esempio ca te porto,
Teresì, tienilo a mmente,
ca pur’io, ‘nnucentamente,
chi sa comme aggia murì!
Nun vo’ sentere ‘sta voce
ca piatà, piatà te cerca:
e mme staje mettendo ‘ncroce
comm’’o povero Giesù…
Ma io nun so’ fatto e ‘mpastato
cu ‘sta pasta, mò nce vo’:
Isso – sempe sia ludato –
Isso nasce ogn’anno: io no!
Natale Anonimo
Cumm’è bell’Natale,
a sera d’a Virgilia è tutta n’allegria p’a nascit’e Gesù.
A tavola apparicchiata, l’arber’allumminato.
‘O presepio sta stutato pecchè a mezzanotte s’add’appiccià.
Mammà int’a cucina prepar’e cose bone
e frie ‘o capitone ca nun ce pò mancà!
” ‘A casa è chin’e fummo!” Allucca già papà
“arape stu balcone ca nun se pò respirà!”
O’nonno friddugliuso annanz’a nu vrasere
ch’e mmane dint’e mane se piglia tutt’o calore!
Natale è pruvverenza ce penz’ ‘o Bambiniello ‘o ricco e ‘o puveriello a tutti fa campà !
A nuvena Giacomo De Leva
Nu zampugnaro ‘e nu paese ‘e fora,
lassaje quase ‘nfiglianza la mugliera…
Se partette pe’ Napule ‘e bon’ ora
sunanno, allero allero: Ullèro, ullèro…
E ullèro, ullèro… Ma nun era overo:
‘o zampugnaro, penzava ‘a mugliera…
e suspirava… e ‘a zampogna,
‘e suspire s’abbuffava… Ah…ah…
Cuccato ‘ncopp”a paglia, ‘o Bammeniello,
senza manco ‘a miseria ‘e na cuperta,
durmeva, ‘mmiez’’a vacca e ‘o ciucciariello,
cu ll’uocchie ‘nchiuse e cu ‘a vucchella aperta…
E ullèro, ullèro… che bella faccella,
che bella resélla, faceva Giesù
quanno ‘a Madonna cantava:
“Core mio, fa’ nonna nonna…” Ah…ah…
Mmerz”e vintuno, ‘e vintiduje d”o mese,
na lettera lle dettero ‘a lucanna…
‘sta lettera veneva da ‘o pagghiese
e sotto era firmata : Marianna…
“E ullèro, ullèro… sto bene in salute
e cosí spero sentire di te:
Sono sgravata… e duje figlie
aggio fatto, una figliata.” A
Cunto ‘e Natale E.A.Mario
Pure ‘e tre Magge antiche erano rre,
ma quanno le dicetteno: Venite;
è nato chi ce vò cuntente e aunite!
Cu tutt’’a gente ‘o jetteno a vedè
Ullero, Ullero si fosse overo!
Dicevano ‘e rre
Vedessemo fernì turmiente e pene,
e tutto ‘o munno se vulesse bene!
E tanta vote ca turnàino a ghì
cu ‘a neve, a vierno, aunite a Bettalemme
pure sapenno ca a Gerusalemme
ncroce a Gesù ‘o facetteno murì
Ullero, ullero è muorto, è overo
Ma ha ditto accussì:
Nu juorno hann’’a fernì turmiente e pene
E tutto ‘o munno s’hadd’’a vulè bene
Ce vanno pe’ destino pure mo:
‘a neve è rossa ‘e sango, e lloro vanno
‘Sti viecchie ‘e vinte sècule, chist’anno
sperano ancora, viecchie comme so
Ullero, ullero cu stu penziero
Ce tornano a ghi:
Nu juorno hann’’a fernì turmiente e pene,
e tutt’’o munno s’hadda vulè bene.
E’ nato ‘nu criaturo Ivan Tudisco
Viene a guardà,
è nato nu criaturo,
‘o truove cchiu’ là,
‘int’a ‘na stalla scura.
Se dice ca è ‘nu re,
ma senza curona,
è uguale a me e a te,
si’ ‘o vire, te n’adduone.
Se chiamma Salvatore,
luce ‘e santità,
è nato pe’ da ammore,
a tutta l’umanità.