Quando, poco più di un mese fa, si incendiarono le gradinate in legno dell’anfiteatro Flavio, in tanti non ce ne stupimmo: nel corso degli anni ripetute erano state le denunce per lo stato di abbandono e degrado in cui versavano, e in alcuni casi ancora versano, molti siti archeologici di Pozzuoli.
Tra questi spiccava la necropoli romana del Ponte Copin, meglio noto come “ponte azzurro”. Aperta al pubblico più di vent’anni fa, non si è mai capito perché fosse stata repentinamente chiusa e abbandonata a se stessa tanto da consentire alla vegetazione di inghiottirla fino a nasconderla nemmeno fossimo nella foresta amazzonica.
Chiunque chiedesse chiarimenti ai rappresentanti delle istituzioni locali del perché un sito di tale bellezza e dimensioni, che in qualunque altro posto sarebbe stato tutelato, valorizzato e sfruttato per incrementare il turismo e arricchire la comunità, doveva subire una simile umiliazione, si sentiva rispondere: “la gestione del patrimonio archeologico non compete al Comune ma alla soprintendenza!”
Seppure quella spiegazione lasciasse più di un dubbio – a seguito dell’incendio dell’anfiteatro, facendo delle ricerche in rete, si è scoperto che esistono delle leggi che consentono agli enti locali di intervenire direttamente nella tutela e gestione dei beni culturali situati sul proprio territorio -, si confidava che, prima o poi, quell’immenso patrimonio, trovasse la propria valorizzazione.
Cosa che finalmente sta avvenendo. Grazie all’intervento del Comune annunciato dal Sindaco Vincenzo Figliolia, nel giro di poche settimane la sterpaglia è stata tagliata e la necropoli è tornata a risplendere al sole per la gioia dei cittadini e dei turisti.
Certo c’è ancora molto da fare per renderla davvero fruibile al pubblico, ad esempio mettere in sicurezza le tettoie che la coprono e ripristinare i cancelli di entrata per evitare atti vandalici da parte di teppisti o di chi ama l’arte e non sa resistere alla tentazione di appropriarsi di un “pezzo” di storia da conservare a casa.
Tuttavia il suo tornare a riveder le stelle, sommato agli svariati eventi organizzati questa estate in diversi siti archeologici puteolani rimessi a “nuovo” per l’occasione, unitamente al cinema all’aperto allestito sul Rione Terra, ai tanti eventi culturali svoltisi nei luoghi più suggestivi della città e all’inaugurazione a fine luglio del nuovo tratto del percorso archeologico degli scavi del Rione Terra, è un segnale forte che lascia bene sperare per il rilancio turistico di Pozzuoli.
Bisogna augurarsi che non si tratti soltanto di un fuoco di paglia in vista di “Procida capitale delle cultura 2022” – Pozzuoli è il porto naturale di imbarco per quanti si recheranno sull’isola flegrea per assistere agli eventi organizzati ed è giusto che a sua volta offra una proposta culturale degna della sua storia millenaria -, quindi una volta che la festa passerà ci si dimenticherà del santo, bensì dell’inizio di un vero rinascimento puteolano.
Sarebbe ora che Pozzuoli decollasse non solo a livello di ristorazione, ma prima di tutto culturale.
I presupposti ci sono tutti, non sprechiamoli.