Secondo il rapporto “Eurostat Regional Yearbook 2020”, Campania, Sicilia e Calabria figurano tra le prime dieci regioni dell’Unione Europea con la quota maggiore di popolazione a rischio povertà. Al primo posto la Campania, con un tasso del 41,4%, a fronte di una media europea del 16,8%. Inoltre, secondo fonti ISTAT, 4 su 5 delle regioni con il tasso di occupazione più basso in Europa sono nel Sud Italia. In Sicilia solo il 44,1% delle persone tra i 20 e i 64 anni lavorano. Seguono la Campania con il 45,3%, la Calabria con il 45,6% e la Puglia con il 49,4%. Prima di queste regioni c’è solo la Mayotte, una regione d’oltremare francese in Africa, con il 40,8%. I dati aggiornati, alla luce della pandemia, saranno ancor peggiori.
Alla luce di tali dati, ci si interroga sul nostro modello di welfare, su quali sono e chi ha accesso alle Politiche attive del lavoro in Italia, su chi ne beneficia, qual è il ruolo del Reddito di cittadinanza. Non è facile rispondere a queste domande e ad orientarsi nel complesso delle misure governative. A sbrogliare questa matassa normativa ci pensa il volume uscito in libreria “Politiche del lavoro e Reddito di Cittadinanza” della giovane napoletana e flegrea Martina Russolillo edito da Villaggio Letterario.
Il saggio chiarisce il complesso tema delle dinamiche lavorative, le misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale che i cittadini possono richiedere per ottenere un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale.
Compiendo un’accurata analisi, l’autrice inizia l’interessante trattazione dal welfare e dalle sue diverse tipologie, proseguendo poi col Fordismo e post-Fordismo, il cui passaggio ha generato un aumento delle diseguaglianze.
“L’introduzione del Welfare ha come scopo la conquista della sicurezza, ossia di un diritto specifico, la cui assenza rende il cittadino semplicemente possessore di prole.”
Interessante il punto di vista relativo alla tendenza alla disoccupazione strutturale che “sarebbe causata dal progresso e dall’innovazione tecnologica per poi essere ulteriormente aggravata dal processo di globalizzazione e dalla possibilità per le imprese di spostare il capitale finanziario e industriale in maniera più o meno libera ad ogni latitudine del mondo. Per parte della dottrina, la disoccupazione strutturale troverebbe la sua causa nel passaggio dalla fase fordista alla fase post-fordista del modo di produzione capitalistico” e il contesto attuale del mercato del lavoro.
Ma è sul concetto di Reddito di cittadinanza che l’autrice si sofferma, collegandolo alla problematica della distribuzione del reddito importante nel sistema di welfare presente nella società contemporanea, legato alle scelte del passato di Bismarck che, per primo, nel 1883 rese obbligatorie le assicurazioni dei lavoratori e fu precursore del welfare moderno nato dopo la seconda guerra mondiale con Beveridge che nel 1942 pubblicò in Inghilterra il rapporto “Insurance and Allied Services” con cui tracciò i parametri di un nuovo sistema universale di protezione.
L’autrice non poteva non soffermarsi sul grande economista Keynes che nel 1929 evidenziò che “il problema politico dell’umanità consiste nel mettere insieme l’efficienza economica, la giustizia sociale e la libertà individuale” e tratta la questione della prima generazione di precari nati negli anni Novanta, l’evoluzione degli strumenti di contrasto all’esclusione sociale e la povertà relativa per giungere infine all’analisi più spinosa: il Reddito di cittadinanza, soffermandosi sulle sue origini e basi filosofiche, sull’importanza delle politiche attive ai fini dell’inclusione sociale, la figura del Navigator, il Patto di inclusione, i suoi limiti, la condizionalità, i dubbi della dottrina, le annesse sanzioni e infine le esperienze a confronto di alcuni Stati tra cui l’Italia, la Finlandia e l’Alaska. Una ricca bibliografia arricchisce infine il volume.
Federica Russolillo
Lucia Vincenti