Il cielo versava una neve sottile, impalpabile, imbiancando il giardino e il viale che sbucava sulla strada del paese. Sul selciato, alla luce dei lampioni, impresse nel nevischio ghiacciato, risaltavano le orme dei pneumatici delle auto dirette alla villa illuminata a festa.
Da una delle grandi vetrate del salone si riflettevano sul prato innevato le luci multicolori del grande albero di Natale sistemato in un angolo della sala accanto al camino acceso d’un fuoco crepitante.
Nel mezzo della sala, illuminata da due grossi lampadari a gocce che pendevano dal soffitto, era apparecchiata la tavola per il cenone, intorno alla quale era riunita, come ogni anno, la famiglia al completo per salutare la nascita della luce che avrebbe redento il mondo.
Nei cuori dei presenti, sia pure rischiarati da ampi sorrisi, regnava una grande tristezza per il bambino dagli occhiali scuri che sedeva al centro del desco tra la mamma e il papà, intento a mangiare una fetta di panettone.
Si chiamava Erminio ed era cieco dalla nascita.
Malgrado fosse nato in una delle famiglie più facoltose del paese, nulla avevano potuto i genitori per dare luce ai suoi occhi. Lunghi viaggi all’estero da specialisti non erano serviti a nulla. Tutti, al termine della visita e delle analisi, rilasciavano l’identico responso: cecità irreversibile.
Unica soluzione possibile: trapianto degli occhi!
A quella soluzione inappellabile i suoi genitori s’erano sempre rifiutati di cedere, ritenevano ingiusto che il loro bambino per vedere avesse bisogno degli occhi di qualche sventurato. Gli sembrava che l’appigliarsi al detto “mors tua vita mea!” per continuare a sperare, li facesse apparire alla stregua di canaglie senza cuore, nonostante i ripetuti ammonimenti del parroco del paese il quale sosteneva:
“Quando la morte giunge, è per volere di Dio e non perché gli uomini la desiderano!” Concludendo con un pizzico di ironia: “Se essa dipendesse dalla volontà degli uomini, il mondo sarebbe una landa desolata!”
In quei momenti, ascoltando le parole dell’uomo di chiesa, i genitori di Erminio si fissavano con perplessità, dando l’impressione d’essere sul punto di cedere.
Allora interveniva nonna Clara, la nonna materna a cui Erminio era molto affezionato, la quale senza preamboli affermava: “Sarà pur vero che la morte accade per volontà di Dio, ma gli occhi sono lo specchio dell’anima! Come potremo conoscere la natura dell’anima di Erminio se egli vedrà attraverso uno specchio che non gli appartiene? Nei suoi occhi, se facessimo il trapianto, si rifletterà sempre l’anima del defunto e non la sua. Lasciamo le cose come stanno, è meglio per tutti. Affidiamoci alla volontà di Dio!”
A quel punto interveniva il sacerdote, dichiarando: “Una volta che la morte sopraggiunge, l’anima abbandona il corpo per risalire da dove è scesa. Negli occhi non resta niente!”.
“Si sbaglia!” rispondeva tranquilla la nonna. “Resta il colore! Ogni tinta si adatta a un’anima. Perché quella di Erminio deve rivestirsi di un tono che non le appartiene?”.
Quella sera nonna Clara non sedeva intorno alla tavola, da una settimana era affetta da una fastidiosa bronchite che la costringeva a starsene a letto. Erminio era molto triste perché nessuno meglio di lei sapeva descrivere le espressioni dei presenti al momento dell’apertura dei regali.
Dall’orologio a pendolo poggiato sul camino si levò una melodia leggera che si diffuse nella sala a cui fecero seguito dodici rintocchi!
“È natale!” disse il papà di Erminio alzandosi dalla sedia, levando il calice colmo di spumante al soffitto. “Auguri a tutti!”.
A loro volta gli invitati si sollevarono per brindare. Quindi tutti si radunarono intorno all’albero per aprire i regali.
Seduto sulle ginocchia della mamma, Erminio volgeva il viso in direzione delle voci entusiaste che accompagnavano la scoperta dei doni!
Quell’anno Babbo Natale fu particolarmente magnanimo con Erminio, gli portò: una serie di libri di favole scritte in braille; un impianto stereo con CD; una coppia di walkie-talkie; la raccolta completa di canzoni del suo complesso preferito e una radio-cuffia.
Si approssimava l’una di notte quando la mamma lo prese in braccio mezzo addormentato, avviandosi su per la rampa di scale che conduceva alle stanze. Una volta in camera gli rimboccò le lenzuola e lo baciò sulla fronte.
“Mamma, la nonna come sta?” domandò Erminio, i suoi occhi spenti vagavano per la stanza inseguendo le tenebre che l’abbandonavano solo durante il sogno.
“Sta meglio. Vedrai che domani mattina verrà a farti gli auguri!” sussurrò baciandolo sugli occhi. “Adesso dormi!”.
Lasciò la luce accesa sul comodino e uscì dalla stanza.
Dal piano inferiore giunse l’eco del pendolo che segnava l’una.
Un soffio accarezzò gli occhi di Erminio.
“Ciao tesoro mio!”. La voce della nonna rincuorò il bambino.
Prontamente Erminio si volse felice verso di lei.
“Ciao nonna. Come stai?”
“Bene!” rispose la voce. “Hai aperto i regali?” chiese poi.
“Sì, ma mi sei mancata perché la mamma non è brava come te a descrivere le situazioni!”
“Ho qui anche il mio!” fece lei.
“Dov’è” chiese eccitato Erminio.
“Sul comodino! Adesso fai il bravo e dormi. L’aprirai domani insieme a mamma e papà!”
Un altro soffio leggero sfiorò gli occhi del bambino.
“Buonanotte nonna!” disse e si addormentò.
Al mattino Erminio fu ridestato dal trambusto che serpeggiava nella casa.
“Mamma, mamma” chiamò ripetutamente spaventato. La porta della camera si aprì e riconobbe dai passi pesanti che avanzavano incontro al letto suo padre.
“Ciao papà. Dov’è la mamma?” chiese preoccupato.
“È dalla nonna!” rispose. Nella voce dell’uomo trapelava una nota di tristezza.
“Ciao Erminio!” riecheggiò poco dopo nella stanza la voce della madre.
“Ciao mamma. Come sta la nonna?” domandò sedendosi nel letto.
Percepiva dalle loro voci che qualcosa non andava.
“Non tanto bene” sospirò la donna abbracciandolo al petto.
“Che significa ‘non tanto bene’?” chiese scosso da un tremito.
“La nonna è volata in cielo, tra gli angeli!” mormorò la voce di suo padre, dileguandosi in un sussurro mentre gli stringeva le mani.
“Ma come è possibile?” fece incredulo Erminio liberandosi dall’abbraccio della madre. “Questa notte, quando è venuta a portarmi il regalo, mi ha detto che stava bene?” .
“Chi ti ha portato il regalo?” domandò la mamma incredula, fissando lo sguardo spento del bambino.
“La nonna. È venuta a darmi la buonanotte e a portarmi il regalo di Natale. L’ha appoggiato sul comodino!”
I genitori fissarono il pacchetto poggiato sul ripiano del mobile, avvolto da un nastro giallo.
“Quando è successo?” domandò la madre mentre il papà scartava il regalo.
“Era l’una esatta!” fece sicuro Erminio. “Lo ricordo perché ho udito il rintocco del pendolo!”
La pelle della donna si accapponò, un brivido le corse lungo la schiena: all’una esatta sua madre era spirata mentre lei e gli altri cercavano di rintracciare il medico per l’ennesima crisi cardiaca che l’aveva colta.
“Che cosa…?” fece il padre d’Erminio guardando scettico nella scatola. A sua volta la mamma fissò le due candeline bianche che giacevano all’interno.
Con le mani tremanti, entrambi ne presero una porgendola ad Erminio. Non appena le dita del bimbo si strinsero intorno ai piccoli ceri, gli stoppini si illuminarono con intense fiammelle che rischiararono i visi dell’uomo e della donna.
“Mamma, papà!” fece Erminio singhiozzando, posando a turno lo sguardo pieno di luce sui visi dei genitori.
Con le lacrime agli occhi, l’uomo e la donna osservavano lo sguardo vivo di Erminio posarsi su di loro.
“Come siete belli!” sussurrò il bambino piangendo di gioia.
Il sole filtrò attraverso le imposte illuminando la stanza.
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