Don Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga fu viceré di Napoli per conto di Carlo V d’Asburgo dal 1532 al 1553.
Nel 1538 in seguito alle terribili scosse sismiche nell’area flegrea provocate dall’eruzione vulcanica del cd Monte Nuovo, per evitare lo spopolamento della zona, emanò un bando che invitava la popolazione a ritornare ad abitare nella cittadina esonerandoli dal pagamento dei tributi.
Don Pedro incaricò l’architetto e urbanista napoletano Ferdinando Maglione di progettare per lui una villa fortificata a Pozzuoli affidandogli l’organizzazione dell’intero assetto urbanistico della città flegrea.
Il vicerè aveva con Pozzuoli un legame molto forte tanto da donarla al figlio Don Garcia come lascito testamentario con la condizione di non venderla e di non dividerla.
In breve tempo la tenuta di Pozzuoli (Palazzo Toledo) divenne meta di prìncipi, letterati e artisti.
Don Pedro da Toledo apprezzava il territorio flegreo sia come località strategica come presidio militare e approdo marittimo sicuro ma, anche, come luogo salubre e terapeutico grazie alla presenza delle acque sulfuree.
Infatti nella sua biblioteca erano presenti alcuni testi come il De conflagrazione agri puteolanu di Simone Porzio e il De balneis terrae laboris di Pedro da Eboli.
Il “vicerè urbanista”
Don Pedro decise di costruire nella parte nuova del borgo di Pozzuoli il suo palazzo e una torre, protetti da un fossato che circondava i giardini.
L’ampio terreno era diviso in modo tale che gli alberi con i frutti pendenti appartenevano al palazzo mentre il suolo, coltivato a grano, era affittato ad un contadino.
Il maestoso palazzo si trovava dunque all’interno di un ampio podere coltivato, i celebri Horti toledani descritti del Capaccio, a ortaggi e ad alberi di frutta.
Il Palazzo era separato dal mare dal cosiddetto largo della Malva (oggi conosciuto come Piazzetta a amare) sul quale dominava la fontana che caratterizza più di un disegno di Achille Vianelli.
I giardini erano un luogo dove si fondevano la flora e la fauna della macchia mediterranea tra fontane, statue, epigrafi e frammenti scultorei antichi che andavano a completarsi con le sculture dell’epoca.
Don Pedro, per molti mesi all’anno, soggiornava a Pozzuoli sia per godere momenti di riposo e svago ma anche per attendere ai suoi doveri politici e amministrativi.
Quando i Toledo lasciarono il regno per tornare in Spagna il palazzo fu abbandonato.
Nel 1872 il palazzo fu utilizzato come casa comunale e su progetto dell’arch. Ernesto Villari, vennero aggiunti altri due piani diventando poi l’ospedale di Pozzuoli fino al 1970 quando venne sgomberato in conseguenza del bradisismo.
Per un breve periodo ospitò la Biblioteca Civica per essere poi abbandonato di nuovo dopo il bradisismo degli anni 1983-1985.
Palazzo Toledo oggi.
Nel 2005 il Comune di Pozzuoli ottenne un finanziamento europeo destinato alla trasformazione di Palazzo Toledo a Biblioteca e Archivio Storico.
Nel marzo del 2009 Palazzo Toledo viene riaperto al pubblico e dall’aprile 2011 ospita l’Archivio Storico, la Biblioteca Civica, l’Ufficio Beni Culturali e l’Ufficio Attività Multimediali, diventando così il Polo Culturale del Comune di Pozzuoli.
Don Pedro, il vicerè di Napoli
Insediatosi nella sua carica di vicerè a Napoli nel 1532 Don Pedro dovette occuparsi di una città appena guarita dalla peste del 1529 che aveva provocato più di 60.000 morti.
Napoli città dalle strutture fatiscenti, compito difficile, ma i 20 anni di governo di Don Pedro segnarono una svolta fondamentale per la città.
Nel 1534 iniziò la pavimentazione delle strade ampliando i confini della città con la costruzione di nuove ed eleganti zone residenziali come Santa Chiara.
La prima dimora di Don Pedro fu Castel Nuovo (chiamato anche Maschio Angioino), la residenza reale di origine angioina utilizzata anche dai sovrani della dinastia aragonese.
Il castello fu detto ‘Nuovo’ proprio dopo le ristrutturazioni fatte realizzare da Don Pedro dal 1534.
Intanto, nel 1543, fece costruire come sua residenza principale a Napoli un palazzo vicereale, denominato anche palazzo Vecchio, nei pressi dell’attuale piazza Trieste e Trento (abbattuto nel 1837).
Il palazzo si trovava obliquamente tra il Palazzo Reale e il teatro San Carlo, aveva una facciata modesta e due torri angolari.
Al suo interno c’era una cappella, il cui portale in legno intagliato ancora oggi esiste, presentandosi come porta d’ingresso della cappella del Palazzo Reale.
Morì il 22 febbraio 1552 in viaggio verso la Repubblica di Siena, dove, nonostante le già precarie condizioni di salute, era stato inviato dall’Imperatore a sedare i rivoltosi repubblicani.
Voleva essere sepolto a Napoli dove si era fatto costruire un sepolcro nella chiesa di San Giacomo degli Spagnoli che però restò vuoto perché fu invece sepolto nel Duomo di Firenze.
Bibliografia:
HERNANDO S´ANCHEZ 1988, 26; A.S.na., Inventario, ff. 28-29; A.S.ma., Inventarium, ff. 18v, 19. Per la descrizione dell’eruzione, cfr. SUMMONTE 1675, Tomo IV, Libro VII.
CAPACCIO, Giulio Cesare, 1607, La vera antichità di Pozzuolo …, Carlino Giov. Giac. Costant. Vitale, Napoli 1607.
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