Ha accompagnato con le sue canzoni la vita di tutti noi, i suoi brani fanno parte di tutti noi e regalando sempre forti emozioni, per i napoletani è semplicemente Edoardo.
E’ uscito il tuo nuovo singolo che anticipa il disco dal titolo “Non c’è” per la Sony Music Legacy. Il disco è pubblicato in cd e in doppio vinile, si tratta di brani inediti e classici, una proiezione al presente ma che “strizza l’occhio” al passato. Edoardo, come è nata l’idea?
“Avevo queste nuove canzoni che volevo far ascoltare, la Sony voleva fare un album dei miei “classici”… Abbiamo trovato un compromesso. Sia chiaro che ho risuonato e ricantato tutto ed il risultato mi sembra buono”.
Quanto sono importanti le tue radici e, come molte volte hai dichiarato, la tua “napoletanità”?
“Nasce tutto dalla fortuna di essere nato a Napoli… anzi Bagnoli! Lo so che è una città che ha mille problemi, ataviche contraddizioni ma, nonostante tutto è la città più bella del mondo. Probabilmente non avrei fatto quello che ho fatto se non fossi nato a Napoli!”
È un periodo non facile per tutti a causa CoViD-19, viviamo in un periodo di stand by, in apnea, pronti a risalire dal profondo abisso. Come stai vivendo questa tragedia? Come sono le tue giornate?
“Cerco di trasformare in musica anche questo periodo assurdo. Qualche mese fa, con mio fratello Eugenio, abbiamo scritto una canzone: “La realtà non può essere questa”. Eravamo in pieno lockdown, pensammo che fosse giusto prendere una posizione chiara perché la vita, nonostante tutto, non si può fermare. Per quanto la rete internet sia stata fondamentale per annullare le distanze rischia però di diventare una prigione in cui rimanere lontani anni luce dalla vita vera, dalla realtà insomma”.
Sei un artista a tutto tondo, laurea in architettura, sei anche un pittore, scrivi canzoni, per te ad altri artisti: hai altri interessi?
“Per mia stessa natura mi interessa tutto ciò che riguarda l’arte intesa anche come fotografia, video e film. Nel ’77 fui il primo ad inventarmi i video clip. Quando usci l’album “Burattino senza fili”, realizzai cinque video clip veri e propri, con tanto di sceneggiatura, di cinque canzoni dell’album… Fu il primo esperimento di quel genere… Prima di allora c’erano i “musicarelli”, magari girati anche bene, ma lontani mille miglia dai video che imparammo a vedere anni dopo”.
Quali interessi ti piacerebbe approfondire?
“Bastano quello che ho… ci vorrebbero altre vite…”.
Dall’architettura alle arti applicate e poi alla musica, quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua strada?
“Fin da bambino quando con i miei fratelli fondammo, grazie a mia madre, il Trio Bennato: Eugenio, Giorgio e io…”.
Nella tua tesi di laurea, nel ’76, proponevi il progetto di una metropolitana per Napoli che collegava l’area collinare al centro della città e alla zona flegrea. Hai utilizzando uno dei tuoi progetti per la copertina dell’album: “Io non sono un imperatore”. Che rapporto hai con i “Campi Ardenti”?
“…Chi ha visto il piano regolatore ha detto bravo ma ride di me…”. Ero solo un giovane laureando in architettura, ma che aveva già fatto tre dischi piuttosto “scomodi” per il potere…I Campi Flegrei sono l’area in cui vivo. E anche se la musica mi ha portato in giro per tutti i continenti, sono sempre tornato qua. Dopo il progetto della metropolitana, proposi con un amico architetto, il professor Michele Cennamo, un progetto per le scale mobili da realizzare per collegare il mare con la collina, utilizzando gli antichi camminamenti che esistono ancora… “La città obliqua” come recita una mia canzonetta del 1987”.
Che tipo di pittura ami, figurativa oppure sperimentale?
“Il critico d’arte e mio amico Vittorio Sgarbi, ha definito il mio stile pittorico iper-realista… quindi direi, sperimentale… o almeno credo”.
C’è qualche artista contemporaneo che segui?
“Mi piacciono i writers alla Banksy per intenderci, ma anche quello che fa Zerocalcare con i suoi fumetti”.
Qualcuno ti ha definito un cantastorie, hai portato la tua “napoletanità” nel mondo, nel 1980 al San Siro sei stato il primo a riempire lo stadio con ben 80mila persone, le tue canzoni fanno parte dei ricordi dell’immaginario collettivo, fra queste il brano “Il gatto e la volpe”, sei un orgoglio tutto partenopeo?
“In effetti fui il primo ad aprire la stagione dei concerti negli stadi. Nel luglio del 1980 feci concerti in quattordici stadi, quelli più importanti in Italia, chiudendo con il San Siro il 19 luglio… Non male per uno che è partito dal quartiere operaio di Bagnoli, quartiere periferico a nord ovest di Napoli, metropoli del sud Europa… non male!”.