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Vivara. L’isola dell’arcipelago flegreo a forma di falce

“Sur l’immense passé de la Méditerranée, le plus beau témoignage est celui de la mer elle-même […] qui restitue patiemment les expériences du passé.” Fernand Braudel.

“Sull’immenso passato del Mediterraneo, la testimonianza più bella è quella del mare stesso […] che riproduce pazientemente le esperienze del passato”.

Vivara è una piccola isola del golfo di Napoli, fa parte dell’arcipelago flegreo, di proprietà privata, unita a Procida da un ponte.

Dall’isola di Vivara provengono testimonianze di frequentazione che risalgono all’età del Bronzo.

Gli studi condotti testimoniano che l’isola era abitata già dal XVII sec. a.C.

L’antico approdo di Vivara, oggi sommerso ad una profondità di ca 14 metri sotto il livello del mare, era uno dei più antichi centri marittimi di collegamento per i traffici marittimi tra Grecia micenea e Mediterraneo occidentale.

In origine Vivara era collegata a Procida e per la sua posizione strategica consentiva il controllo del Canale di Ischia e di quello di Procida. La sua posizione consentiva anche il controllo delle imbarcazioni che doppiavano Punta Campanella verso Napoli.

Alcuni punti di approdo riparati offrivano la possibilità di tirare a secco le imbarcazioni per rimessaggio e riparazioni con ogni condizione ambientale.

Vivara ha restituito numerose tracce di lavorazione del metallo e oggetti in bronzo facendo dell’isola un luogo di studio indispensabile per comprendere la circolazione delle risorse minerarie nel Mediterraneo del II millennio.

Per la loro rilevanza storica Punta d’Alaca e l’area del porto-approdo sono i luoghi dove si è maggiormente soffermata la ricerca scientifica.

Vivara, isola di origine vulcanica, con una superficie di appena 2.34 km quadrati, emerge sul livello del mare di soli 109 metri.

La linea costiera di 3 km ca. è la sommità di un cratere che ha dato origine al Golfo di Genito tra Vivara e Procida.

L’età del Bronzo a Vivara

L’originario cratere vulcanico fra l’isola di Vivara e il promontorio di S. Margherita di Procida rappresentava un formidabile porto naturale, che po­teva offrire ben tre diverse possibilità di approdo a seconda dei venti e due vaste aree per l’alaggio dei navigli.

La figura in basso mette in risalto i risultati delle indagini subac­quee che hanno individuato l’originario assetto dell’area interna al cratere di Vi­vara: una vasta spiaggia, oggi sommer­sa fra -3 e -14 metri sotto il livello del mare.

Ricostruzione virtuale sulla base delle ricerche subacquee dell’originaria topografia e delle aree archeologiche più significative. Rif: Carla Pepe, Vivara storia e insediamenti archeologici, edito da Nutrimenti, maggio 2018.

Decreti normativi a protezione del territorio

Negli anni ’50 nell’ambito di opere sottomarine della Cassa del Mezzogiorno per sostenere le condotte idriche per l’isola di Ischia fu costruito un ponte che collegava Vivara a Procida.

Nel 1974 un decreto del Presidente della giunta regionale della Campania ha dichiarato l’isola “Oasi di protezione naturale“.

Negli anni ’80 Vivara è stata sottoposta a vincolo archeologico.

Dal 2002 è stata istituita la riserva naturale statale “Isola di Vivara“.

Il 27 dicembre 2007 il Minsitero dell’ambiente ha istituto l’area marina protetta “Regno di Nettuno” intorno alle isole del Golfo di Napoli: Ischia, Procida e Vivara.

Storia delle ricerche archeologiche

Le prime ricerche sull’isola di Vivara furono svolte da Giorgio Buchner negli anni 1936-1937 per la sua tesi di laurea, e in tale occasione inviduò su una delle terrazze naturali di Punta Capitello molte forme ceramiche del Bronzo medio con due frammenti provenienti da culture egee.

Ma dobbiamo arrivare agli anni 1975 al 1982 quando la Soprintendenza Archeologica di Napoli effettua una serie di ricerche condotte da una equipe dell’Università di Roma (A. Cazzella, M. Marazzi, M. Maoscoloni e S. Tusa).

Risultato di questa campagna fu che l’insediamento più antico dell’isola risalente al XVII sec. a.C. si trovava a punta “Mezzogiorno”.

Oggi le ricerche sono ancora in corso e sono concentrate maggiormente nell’area della terrazza che sovrasta punta d’Alaca portando in luce buona parte dell’abitato del XVI-XV sec. a.C.).


Ricostruzione virtuale del comprensorio vivarese dell’età del Bronzo: il villaggio di Punta d’Alaca. Elaborazione di A. Tilia, S. Tilia, A. Heil. Rif: Massimiliano Marazzi, Carla Pepe, Vivara e il Mediterraneo: dai sistemi di computo alle prime manifestazioni scrittorie.

Dal 2002 l’Università “Suor Orsola Benincasa” ha la concessione per gli scavi archeologici e la ricerca sull’isola di Vivara.

La maggior parte dei reperti è conservato presso presso il laboratorio-deposito accanto all’area espositiva al “Museo Terra” di Procida.

Il laboratorio-magazzino presso l’area espositiva Terra Murata. Rif: Massimiliano Marazzi, Carla Pepe, Vivara e il Mediterraneo: dai sistemi di computo alle prime manifestazioni scrittorie.

Una selezione di reperti provenienti da Vivara si trova nelle collezioni preistoriche del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Grande vaso carenato con decorazione incisa a cerchielli (probabilmente di origine balcanica) dall’abitato di Punta d’Alaca. Rif: Carla Pepe “Vivara – Storia e insediamenti archeologici” (Nutrimenti Edizioni – 2018).

La citazione in testa all’articolo è tratta da Les mémoires de la Méditerranée di Fernand Braudel lascia facilmente intuire tutta la sua esperienza acquisita in decenni a contatto con lo spazio magico del Mare. Dalla preistoria al completamento della conquista romana, rivela allo stesso tempo gli inizi, le contraddizioni e le evoluzioni delle antiche civiltà del Medio Oriente, Egitto, Grecia e Roma.

Fernand Braudel, storico francese direttore della rivista «Annales» a partire dal 1956, ha insegnato Civiltà moderna al Collège de France e diretto l’Ecole pratique des Hautes Etudes. Tra le sue pubblicazioni: Civiltà materiale, economica e capitalismo, secoli XV-XVIII (1967-1979), L’Identità della Francia (1986-1988), Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni (1987), Memorie del Mediterraneo. Preistoria e Antichità (1998), Venezia (Il Mulino 2013), Scritti sulla storia (Bompiani 2016).

Lo storico offre una visione molto libera e stimolante di queste civiltà nel loro ambiente geografico, i movimenti delle loro popolazioni, l’evoluzione tecnica ininterrotta dall’addomesticamento del fuoco alla nascita della scrittura, nuove pratiche in agricoltura, irrigazione, trasporti, sviluppo delle arti e, infine, fino al fiorire della civiltà romana.

Bibliografia:

Carla Pepe, Vivara storia e insediamenti archeologici, edito da Nutrimenti, maggio 2018.

Massimiliano Marazzi, Carla Pepe, VIVARA E IL MEDITERRANEO: DAI SISTEMI DI COMPUTO ALLE PRIME MANIFESTAZIONI SCRITTORIE, in Bollettino di Archeologia on line, Direzione Generale Archeologia, Belle Arte e Paesaggio, IX, 2018/2-3.

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Anna Abbate
Archeologa, consulente informatica e web design freelance. Nata a Napoli, si occupa dal 1971 di Information Tecnology dopo essersi formata alla IBM come Analista Programmatore. Dopo una vita vissuta nel futuro ha conseguito la Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”. Divide il suo tempo tra la passione per l’informatica e la ricerca storica. Con alcuni amici archeologi ed antropologi ha fondato nel 2011 il “Gruppo Archeologico Kyme”, associazione di promozione sociale, della quale attualmente è presidente, organizzando giornate di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-archeologico e delle tradizioni dedicate soprattutto alle scuole. Si occupa, in particolare di Napoli e del territorio flegreo. Ha pubblicato i libri "Da Apicio... a Scapece (Valtrend Editore, 2017), "Biancomangiare... il Medioevo in tavola" (Valtrend Editore, 2018).

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