Cinque fratelli, cinque cavalieri in fuga dalla Normandia, banditi dal duca Riccardo II per un presunto tradimento. Con loro un piccolo esercito di mercenari. L’idea è riscattarsi combattendo in Terra Santa ma alcuni imprevisti li fermano in Italia. Il riscatto ora passa combattendo in Puglia contro i Bizantini con il loro fedele manipolo di guerrieri addestrati per uccidere. La voglia è di riprendere l’onore perduto, le ricchezze e il prestigio. Una saga familiare dimenticata dalla grande storia le cui vicende saranno determinanti per la storia dell’Italia meridionale.
È la straordinaria avventura di Osmond, Gilbert, Rudolf, Rainulf e Ansketil. Alcuni dei quali, dopo le imprese in Puglia si stabiliranno in Irpinia. Successivamente il duca di Napoli Sergio IV nominerà Rainulf primo conte di Aversa. I Drengot, “i migliori” secondo l’etimologia del loro originario nome danese, grazie all’arte militare e all’abilità politica otterranno terre e titoli nobiliari che daranno il via alla successiva emigrazione in massa di guerrieri dalla Normandia, un grande movimento di uomini che porterà, nel volgere di un secolo, alla costituzione del Regno normanno di Sicilia con la dinastia degli Altavilla.
Intervista all’autore del romanzo storico “Noi siamo i migliori”
Come ti sei imbattuto in questa storia?
Sono appassionato di fiction letterarie e televisive a tema storico, anche quando non è propriamente rigorosa. Il mio autore preferito è Alexandre Dumas padre, che sa abilmente mettere insieme resoconto storico e invenzione letteraria. Qualche anno fa, proprio vedendo alcune serie tv, ho iniziato a chiedermi se fosse possibile trovare un racconto epico, una vicenda potente ma poco conosciuta, nella storia del meridione d’Italia. Ho cominciato a scavare nel medioevo, che per formazione è il periodo che conosco meglio, e ho scoperto la saga familiare dei Drengot.
Quando hai iniziato la storia avevi un’idea di questa famiglia di cavalieri. Cosa ti ha riservato la ricerca approfondita?
Sapevo che erano stati i primi conti normanni di Aversa, ma non conoscevo nel dettaglio le loro vicende: all’alba del millennio, cinque fratelli, esiliati, espropriati di ogni bene, costretti a fuggire con il loro seguito dalla Normandia, arrivano nel sud Italia. Qui contro tutto e tutti in venti anni diventano l’ago della bilancia nella politica del Meridione. Questa evoluzione mi ha incuriosito. I due imperi, il papato, i duchi campani e i principi longobardi pensano di poter manipolare a loro piacimento questi rozzi cavalieri del nord Europa, e invece pian piano sono loro ad essere manipolati dai Normanni che, con un certo acume, riescono a sfruttarne le debolezze e i conflitti. L’idea che mi sono fatto è che questa abilità derivi dal loro appartenere a una società profondamente meritocratica, nella quale ciascun normanno aveva ciò che riusciva a conquistarsi. Con qualunque mezzo.
È la ricostruzione esatta? Oppure ci sono parti inventate e verosimili?
Nelle linee generali, la storia è quella raccontata dalle cronache del tempo, dalla letteratura cavalleresca successiva e dagli storici dell’Ottocento e del Novecento che hanno studiato i Normanni del sud. Ho lavorato molto sulle fonti, per questo ho voluto inserire una bibliografia alla fine del romanzo. Mi sono divertito, però, a “caratterizzare” i personaggi, a spogliarli di una certa gravità propria dell’epica cavalleresca, a colmare i vuoti delle cronache e a costruire i dialoghi, talvolta in modo verosimile, talvolta con qualche licenza, aggiungendo elementi di fantasia, tra cui alcune citazioni cinematografiche.
Che importanza ha recuperare queste storie?
Credo che possa aiutarci a ricordare che siamo un crogiuolo di razze ed etnie che, in modo più o meno cruento, si mescolano da più di un millennio. Personalmente, però, ci trovo anche un altro valore: guardiamo o leggiamo con piacere storie sui Vichinghi o i Britanni, a ragione, perché sono quasi sempre scritte con maestria, ma spesso non conosciamo storie di casa nostra altrettanto straordinarie che meritano di essere narrate, anche condite con voli estremi di fantasia se necessario. Negli anni cinquanta e sessanta, Cinecittà era il centro mondiale dei Peplum, film in costume ambientati nell’antichità, nei quali si mescolavano storia e invenzione in maniera esemplare: il mondo guardava quei nostri film. Dovremmo recuperare quello spirito e quella intraprendenza.
Cosa ci insegna, ancora oggi, la storia dei Drengot?
Di per sé, non è una storia esemplare. Sono mercenari, predoni, usano qualunque genere di sotterfugio per ottenere quello che vogliono e, quando non ci riescono con le buone, se lo prendono con la forza. Se vogliamo trovare una componente positiva nella loro vicenda, possiamo pensare all’enorme forza di volontà che ha sempre accompagnato ogni loro impresa.
Cosa resta di loro ad Aversa e in Campania?
Poco, purtroppo, a meno di qualche lapide e qualche statua, se escludiamo le tracce documentali presenti negli archivi. La stella dei Drengot si oscurò presto, i principali personaggi della famiglia non lasciarono molti eredi e morirono prima del 1050, il loro casato in poco meno di un secolo dovette lasciare il passo alla dinastia emergente, e molto prolifica, degli Altavilla.
L’autore
Alfredo Cosco, classe 1976, è nato a Napoli, ha vissuto a Pozzuoli ed ora è a Parma dove lavora come sistemista ed è consulente per in Digital Humanities per alcune istituzioni nazionali. Ho già pubblicato, in self-publishing, tre racconti, due a tema storico “LFV-Sostituto procuratore del Regno” e “LFV-Una tazza di onice sardonica” e uno di fantascienza distopica, “Koroleva”, tutti ambientati a Napoli. Cosco è diplomato in Archivistica e Paleografia ed è laureato in Storia Medievale alla Federico II.
Come acquistare il libro
E’ possibile acquistare il romanzo “Noi siamo i migliori” (“Io me lo leggo” Editore), anche grazie al book shop “Percorsi Flegrei” con sede al corso Garibaldi, 13. Telefono: 081.190.09.000 – percorsiflegrei@turismoeservizi.it