Appena scesi alla stazione della Metropolitana di Pozzuoli, l’Anfiteatro appare in tutta la sua fragile bellezza, simbolo di un passato ancora tangibile e di un mondo antico che riaffiora in maniera prorompente nelle strade, nelle piazze cittadine.
L’Anfiteatro Flavio fu costruito nella seconda metà del I sec d.C. quando Puteoli, colonia romana, iniziò ad ingrandirsi sempre più, a diventare una città ricca e florida che necessitava di uno spazio più ampio per gli spettacoli pubblici.
La struttura realizzata dagli stessi architetti del Colosseo romano nasconde una serie di racconti e leggende che ne rafforzano il fascino, lasciando libera l’immaginazione dello spettatore.
Il più noto episodio è quello legato a san Gennaro e compagni il cui supplizio non avvenne grazie ad un miracolo, infatti, le fiere si inginocchiarono al cospetto dei quattro condannati, dopo una benedizione fatta dal santo.
Varcato il cancello dell’Anfiteatro, si entra in una realtà completamente diversa, in un mondo che appare lontano, fatto di suggestioni, e di echi storici.
L’edificio puteolano è inferiore in Italia solo al Colosseo e all’anfiteatro di Capua; esso si sviluppa su tre ordini, corrispondenti alla ima, media e summa cavea (spalti di gradinate), coronati in alto da un attico, secondo le tradizionali regole architettoniche.
I suoi sotterranei appaiono particolarmente suggestivi, colonne e capitelli si alternano in un magico rapporto di luci, colori ed ombre, gli ingranaggi tuttora visibili servivano per sollevare le gabbie ed altri elementi adibiti allo spettacolo.
Pozzuoli è cosi, tante anime che si sovrappongono, il mito che esalta la storia e viceversa, il sacro che si lega al profano, il presente al passato in un intreccio di fili indefiniti.