Dalla antica patria egeo anatolica, alla prima Koinè ebraico-cristiana e il versamento del sangue di San Gennaro sulla Solfatara come testimonianza dell’avvenuta vittoria del culto orientale cristiano sul paganesimo ellenistico- romano. I precedenti articoli hanno messo in evidenza il legame col Vicino Oriente antico fin dalle origini della fondazione di Cuma, Partenope-Neapoli e Dicearchia. Il periodo ellenistico–romano non fa che confermare che il territorio flegreo è una tappa non marginale dei commerci, delle rotte, degli scambi dei sistemi simbolici tra Oriente e Occidente, con una sola significativa variante: il legame si sposta dal modo egeo-cretese-anatolico al mondo siro-fenicio-cananeo e da ultimo egizio.
È qui che bisogna cercare l’onda di piena che in periodo ellenistico e romano porterà Pozzuoli e Cuma a diventare il luogo di radicamento di due culti orientali molto significativi per le radici culturali e cultuali della Campania prima e dell’Italia e Europa poi. La diffusione del culto egizio di Iside (nella triade Osiride-Iside-Horus), la “Regina Madre” e la diffusione poi del culto del Cristo salvatore (l’icthius-pesce simbolo del Cristo salvatore) di origine ebraico-protocristano. Dunque la radice profetica e sciamanica, sibillina, orfica e apollinea delle origini dei Campi flegrei, facilita e prepara la diffusione presso le comunità orientali di stanza a Cumae a Puteoli di culti legati alla divinità egizia di Iside regina. La base di un piedistallo di una statua di Tiberio, rinvenuta a Pozzuoli nel 1693 e oggi al Museo nazionale di Napoli, rivela che 14 città asiatiche sono in connessione con Puteoli. È un monumento eretto a Pozzuoli nel 30 d.C. dedicato all’imperatore da Augustali in segno di gratitudine per aver egli contribuito alla loro rapida ricostruzione.
Dunque tra l’Asia e i Campi Flegrei continua l’afflusso commerciale, mercantile e ideologico, in particolare sotto la protezione degli Imperatori romani che hanno dell’Asia e della Campania flegrea un legame particolare. In fondo l’Impero romano trae dall’oriente la maggior fonte di ricchezza e il golfo di Pozzuoli (l’antico Colpos Cumano) è il primo porto commerciale e militare del Mediterraneo. Dopo le guerre puniche vittoriose per i Romani, tra il Mediterraneo e il territorio flegreo vi è una intimità che va oltre il commercio. Alessandria d’Egitto, Pergamo e Tebe in Egitto sono i reali interlocutori ideologici della Campania costiera flegrea. Il culto di Iside egizia prima e il culto del Cristo poi ne sono la vera profonda testimonianza.
Nel 1992 sulla spiaggia antistante l’acropoli di Cuma furono scoperte le rovine di un tempio ad Iside databile tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. In quelle rovine furono ritrovate tre statuette raffiguranti ladea stessa ed esposte restaurate nella sala dedicata ad Iside nel Museo nazionale di Napoli. Che era la prova provata di quanto già nella leggenda e nelle memorie antiche, tra cui le famose fiaschette vitree di cui si è occupato con perspicacia ultimamente il prof. F.Pisano, era riportato: che Iside , la Grande madre egizia aveva in Pozzuoli e Cuma un culto particolare. La ricostruzione del tempio ha dato le dimensioni della costruzione con enormi vasche d’acqua, che lo rendono un edificio molto più grande dell’Iseo di Roma.
Ma chi è Iside? Era la sposa di Osiride ed Horus è il loro figlio, incarnazione di Orione in cielo e Sirio, figlia di Nut dea del Cielo e di Geb, dio della terra. Dunque attraverso Iside s’incarna Osiride nel figlio Horus, il ciclo astrale di Cieloe Terra trova nella figliolanza di Horus, il suo gruppo concettuale fondamentale, ma Iside è anche dea della Fortuna, della Buona Sorte, colei che salva Osiride dallo sbranamento, lo ricompone attraverso un processo di rinascita e immortalità, dunque è madre dell’Alchimia e della Fertilità. A lei si attribuiscono le esondazioni fertilizzanti del Nilo e dunque si identifica con Ecate.
Il suo mito si diffonde ma è presente a tutte le ipostasi femminili della divinità e influenzerà addirittura la concezione della “Mater dei”, la maternità di Dio soprattutto nell’iconografia della Madre che allatta il Figlio, presso i vescovi cristiani riuniti ad Efeso nel 431 d.C. Il suo culto era diffuso in tutto il Mediterraneo ed in particolare in Campania il culto Isiaco era noto ad Ercolano, Benevento, Pozzuoli e Cuma. Un’antica comunità alessandrina sappiamo essere di casa nel centro di Napoli, nella Regio Nilensis, tra via Tribunali e Via san Biagio dei Librai e di cui ci resta la testimonianza della famosa statua del Nilo. Ed è altresì arcinoto il Serapeum di Pozzuoli, con la statua del Dio Serapide, evoluzione ipostatica della triade sacra, del Dio tardo egizio Osorapi (Osiride-Api) e di vari attributi divini di Zeus. A tal punto proteiforme nella sua pluralità divina che secondo Adriano nella Storia augusta:” Gli adoratori di Serapide sono cristiani e quelli che sono devoti al dio Serapide chiamano se stessi vicari del Cristo”. Ma l’immagine più nota e poeticamente toccante è quella fornitaci da Apuleio nel II sec. d.C., egli stesso iniziato ai Misteri di Iside: ”Eccomi o Lucio, io la madre della natura, la signora di tutti gli elementi, l’origine e il principio di tutte le età, la più grande di tutte e divinità, la regina dei morti, la prima dei celesti, colei che riassume in sé l’immagine di tutte e divinità, che con il suo cenno governa le altezze luminose del cielo, la brezza del mare, i desolati silenzi dell’oltretomba, che tutto il mondo onora con diversi riti e differenti nomi…ma gli Etiopi e gli Egizi, così noti per la loro sapienza antica, mi chiamano con il mio vero nome Iside regina.”
Nel tempo, nel Medioevo e nel Rinascimento, soprattutto a Napoli dove i maghi e gli alchimisti avevano una loro scuola filosofica libertina di cui Il G.B. Della Porta ne è il più ispirato esempio, Iside rappresentò sempre una Madre benigna e protettrice, sovrapponendosi al culto Mariano, come lo era infondo in Campania la Vergine Nera e la Vergine delle Rocce. Vincenzo Crosio, storico della conoscenza, docente relatore all’Istituto per gli studi storici e filosofici di Napoli, ex rettore del Seminario teologico politico di Fudenji, membro dell’editorial board di ‘Scienze e ricerche’.
Bibliografia essenziale: F.Dunand. Le cult d’Isis dans lebassin oriental de la Méditerranée.3 voll. Leiden. Brill. H-J.Gerhke. Incontro diculture: la religione e la filosofia ellenistiche. In Il Mondo antico. La Greciavol.II. Salerno editore. F.Trotta. I culti non greci in epoca sannitica e romana. L’evo antico.Electa. J.Papadopulos. I culti orientali, in Catalogo della Mostra su Napoli antica. Museo archeologico di Napoli.1986 F.Ghinatti. Ricerche sui culti di Napoli in età imperiale. In’ Atene e Roma’, ns XII,1967 S.De Caro. Arte e artigianato artistico nella Campania antica., in L’Evo antico. Electa. Costanza Gialanella. Cuma. Il nuovo tempio di Iside. In ‘Nova antiqua phlegraea’. Sovraintendenza archeologica di Napoli e Caserta. Electa Napoli.
Chiedo scusa ,,, ma siete sicuri che le tre statuette ritrovate siano ora esposte al Museo Nazionale di Napoli e non in quello archiologico dei Campi Flegrei ( castello di Baia ) ???