Secondo la Teogonia di Esiodo Apollo è un dio non della prima generazione, è un dio giovane, imberbe, un dio che ha un dominio carismatico ben preciso: è il dio che governa le Muse ispiratrici della poesia e dell’immaginazione, dunque della parola poetica, della lirica come del canto,(egli infatti è detto citaredo, come Orfeo), della punizione e della morte per piaga, come nel caso dell’Iliade dove semina morte e piaghe infette nel campo degli Achei, ma è anche dio della guarigione medica e profeta egli stesso, nel carisma proprio del medico guaritore della piaghe(oulios) e del profeta e indovino(mantis).Il suo culto di dio che domina la profezia è a Delphi, dove governa il manteion di una Sibilla, nella Ionia greca in Lidia, a Hierapolis in Frigia ed infine a Cuma in Campania e poi per trasmissione cultuale dei Cumani, in Dicearchia città beota e samia prima, e Puteoli dopo.
A Cuma il culto oracolare si associa alla Sibilla e ai libri sibillini che ivi si conservavano fino al loro trasferimento a Roma acquistati dall’ultimo Tarquinio in occasione dell’inaugurazione del tempio di Mercurio del 495 a.C, che li affidò ad uno collegio di Aruspici etruschi, riconoscendo dunque un’affinità divinatoria tra il culto della divinazione aruspicina, etrusca, e quella anatolica-cumana e più in generale con l’antica teologia presocratica e pre-razionale della fase politica greca. Ribadita poi ancora quando furono inviati ambasciatori romani, sempre per volere del senato romano, presso i Cumani di Lidia ad Eretriai d’Asia per riavere, rifarne una collezione, una copia, dopo la perdita degli originali Cumani di Campania in possesso dei Romani, andati persi in un incendio nell’83 a.C. Dunque è un Apollo che a Cuma e a Pozzuoli presiede l‘attività mantica, oracolare della Sibilla( associato in questa alla più antica divinità olimpica che ha questo dominio sovrano, Hera. Virgilio dice della Sibilla che è profetessa di Hera/Giunone e di Ecate trivia) attraverso la consultazione dei Libri ma anche l’attività di guarigione attraverso la discesa agli inferi e il bagno rituale-sciamanico sotterraneo nel Lete,nel fiume Oblio, e il bagno rituale-terapeutico, nelle fonti termali associato ad Igea.
La psicosomatica terapeutica, la sanagione, aveva a Cuma e a Pozzuoli un suo luogo di privilegio, nella terapia psichica sciamanica orfica-pitagorica e in quella somatica della cura termale nei Balnea puteolani. A Cuma e a Pozzuoli esitevano già nel V secolo forti comunità orfiche e pitagoriche che faceva della mantica , del culto di Apollo medico e della consultazione dei libri sibillini una pratica di igiene mentale e fisica legata, come si sa, al vegeterianesimo e alla ascesi sciamanistica, in cui la purificazione del corpo e della mente era il fine. Le fonti letterarie e archeologiche attestano ampliamente e in modo inequivocabile di un culto in tal senso, cioè di un Tempio di Apollo, fondatore (archeghetes), medico (oulios, paian) e profeta,(mantis), a Cuma e a Pozzuoli fino all’epoca ellenistica-romana; cioè dalla fondazione di Cuma e Dicearchia, a tutto il periodo imperiale romano ed oltre. Che tutto il litorale flegreo da Posillipo-Bagnoli fino a Minturno sia geograficamente e filosoficamente assegnato a questa attività di cura e del benessere dello psico-soma, appare chiaro dalle cose che diremo adesso.
Presso tutti i filosofi antichi la scienza medica era una conseguenza ovvia di un sapere più generale. Alla dottrina orfica e pitagorica questa era la prassi: sapienza filosofica, esoterica e guarigione del corpo-mente erano il percorso che ogni discepolo era tenuto a fare, in silenzio e separatamente dalla società comune, erano cioè sapienti e sacerdoti. Non è ignoto infatti che Parmenide, della scuola filosofica di Elea, fosse anche un medico che presiedeva un collegio sacerdotale asclepiadeo e che fosse annoverato tra i medici più noti del mondo greco da Asclepio, figlio di Apollo medico, passando per Platone e Pitagora fino a Galeno.Il primo nucleo di quella scuola medica ed erborista che sarà poi chiamata “scuola medica salernitana”. Dunque che partendo da Crotone, Sibari e Metaponto, facendo sponda per Elea fino a Cuma, e che da Cuma-Dicerarchia viaggiassero poi in Asia minore, fosse in atto una corrente di dotti medici e filosofi legati in larga misura alla scuola generalmente conosciuta come orfica-pitagorica,(di cui il più noto è il medico pitagorico di Crotone Alcmeone) è attestato proprio dalle dediche di pellegrini e devoti ai vari collegi sacerdotali del tempio di Apollo Cuma e Puteoli, che da qui, dai Campi flegrei, esporteranno il culto di Apollo, medico, paian, guaritore, anche a Roma e da Roma presso gli Etruschi, che ne faranno col nome di Aplun, una loro divinità principale, divinità protettrice dei culti della mantica aruspicina, la teologia etrusca aruspicina. Che Plotino e Porfirio, ultimi filosofi greci platonici e pitagorici, si ostinassero e con loro fino al V secolo dopo Cristo gi ultimi epigoni di tale scuola, all’incirca mille anni dopo Alcmeone, sulle tracce di antiche testimonianze, compresa quella dotta e degna di stima di Cicerone a Pozzuoli e nel territorio intorno a Lucrino-Cuma, a ritrovare le tracce di queste antichissime comunità mistiche e sapienziali, ne è la ulteriore prova.
E che Pietro da Eboli, trasferisse la propria bottega-emporio di medico erborista da Salerno a Pozzuoli, non fa che confermare questa antica tradizione medica e guaritrice, rituale e misterica, che sarà attraverso gli Arabi, trasmessa a tutto l’occidente e che aveva nel caduceo di Apollo l’ultimo ricordo-amuleto dei collegi sacerdotali che a questa strana divinità, (strana perché autorità magica e rituale), si rivolgevano per avere ispirazione e quasi trasfigurazione mistica. Così sarà ripresa anche da Dante Alighieri, che ha per guida e non a caso Virgilio , che invoca la Delfica deità, cioè Apollo mantico e Muso, all’inizio del primo canto del Paradiso, quale divinità ispiratrice per la sacra ascesi, verso la Visione di Dio.
Una lunghissima citazione che va da verso 13 a verso 36 in cui si invoca la possessione tragica e misterica di Apollo quale potenza entusiastica, di ispirazione entusiastica, secondo una tradizione che dalla Sibilla passando per i campi Elisi, il fiume Cogito e ‘Oblio, l’Eunoè dantesco,per Virgilio e Cicerone, arriverà a Dante e al Dolce stile nuovo come lascito di una memoria eretica, pitagorica e cabalistica, gli Oracoli Caldei.
“ Entra nel petto mio, e spira tue
Sì come quando Marsia traesti
De la vagina de le membra sue.
O Divina virtù, se mi ti presti
Tanto che l’ombra del beato regno
Segnata nel mio capo io manifesti”
La Divina virtù qui è la virtù divinatoria, che l’antico Apollo inspirava nelle sacerdotesse del suo culto, le Sibille, nel rito di invocazione e possessione entusiastica che persino Dante riconosce alla antica teologia. Apollo che non permette ad altri di usurpargli questo potere taumaturgico. Marsia qui citato da Dante, venne scuoiato da Apollo, perché aveva osato sfidarlo come superiore nella profezia sciamanica. Ma che dio è allora Apollo?qual è questo potere che gli viene riconosciuto addirittura da autori latini, arabi e medioevali?Non si sa molto sulla nascita di Apollo. Figlio di Zeus e Latona, è insieme con Dioniso ed Ermete, divinità straniera, barbara, ed eternamente giovane e dal sorriso beffardo. Per Omero ed Euripide è un dio selvaggio, dotato di arco e freccia e di cetra. L’arco gli serve per seminare la morte attraverso le ferite che procura, spesso infette e pestifere, avvelenate di un veleno che procura La Morte.
Dunque si associa alle Moire, che attraverso le sue frecce, scoccano la Morte. Dalle cui conseguenze mortali egli solo può guarire, egli possiede dunque la sapienza medica del pharmacon, del veleno che può uccidere e del veleno che può guarire. Viene associato spesso a due serpenti, che sono esattamente il caduceo, due serpenti incrociati che sono l’emblema del veleno che uccide e dell’antidoto che guarisce. Tale sarà poi nel concreto la scienza medica che Apollo trasmette a suo figlio, Asclepio, il primo medico conosciuto. Ma indossa la cetra, la lira che come quella di Orfeo ammalia col canto persino le belve, che introduce alla trance mistica e poetica. Che incorona con l’alloro, pianta a lui sacra perché in realtà trasformazione magica di Dafne, per sottrarsi alle voglie del dio, che incorona con le fronde peneie, della vittoria, del canto della vittoria, il peana, che è anche un canto di guarigione(paian). In questo senso è anche il dio del Sole, del trionfo della luce sull’oscuro, della civiltà sulla crudeltà assassina così cara invece a Dioniso.Tutti stilemi che l’antropologia religiosa di Mircea Eliade e Martin Litchfield West assegnano allo sciamanesimo greco.
Apollo, Apul, Apl, non è infatti direttamente greco, è un dio d’importazione, il cui dominio religioso viene dai boschi e dalle selve dell’Anatolia, dove infiltrazioni trace e cimmerie testimoniano di culti delle selve e delle caverne, dei boschi e delle selve montane. E’ un dio crudele, asiano,che ama il paese degli Iperborei dove si nasconde d’inverno, simile per molti aspetti a Mitra, che dalla crudeltà trae il necessario rimedio per la civiltà. E’ dunque il dio della trasmissione sciamanica dal male al bene, dalla crudele passione alla civile mente risanata, poetica e immaginativa. Del sentiero che dal bestiale conduce al divino, non passando dalla divinità guerriera Metis, Atena, ma per una sapienza di virtù sciamanica, la trance.
Apollo e il suo culto non poteva che associarsi alla Sibilla, al profetismo femminile e alla divinità ispiratrice delle Muse, cioè Memnosine, la Memoria, origine di ogni virtù rituale. Attraverso di essa infatti il rituale si può trasmettere, con un linguaggio che mima, che genera e suscita per analogia simpatica, il sentimento del divino. A queste facoltà allude il rituale del collegio sacerdotale di Apollo, l’iniziazione ai misteri mantici e della trance mistica, che dall’antica Asia anatolica, si diffonde in Magna Grecia e che ha in Cuma e in Diceachia, come a Hierapolis e Delphi, il santuario per eccellenza; dalle origini pre-greche, asiane, dunque sino al misticismo esoterico-cabalistico di Dante Alighieri, alla visione neopagana di Apollo come divinità cara al Rinascimento italiano. E per ultimo il giuramento di Ippocrate ad Apollo medico, vera testimonianza della pratica cultuale di questo carisma apollineo:
Il giuramento di Ippocrate
“Giuro per Apollo medico e Asclepio Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto:
di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest’arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro.
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa.
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi. Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell’esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili.
E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro”.
Vincenzo Crosio, storico della conoscenza.
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Brelich, Angelo, I greci e gli dei (a cura di Vittorio Lanternari e Marcello Massenzio).Liguori.