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Festival di Licola del 1975. Il direttore artistico Sergio Martin: “Fu un evento politico, di musica e di libertà assoluta” (II parte)

A Licola, sotto la canicola
una acuta analisi della società,
poi ebbri, di passione ebbri
contro tutti i cannoni, ma a ritmo di beguine!

Edoardo Bennato  

A Licola” (Album “Uffà! Uffà!”, Ricordi 1980)

Sergio Martin è veneto di origine e vive in Piemonte dopo esperienze lavorative in tutta Italia. È stato responsabile dei Circoli Ottobre, organizzazione che si occupava di cultura organica a Lotta Continua.

“Ho organizzato il primo tour in sud Italia di Francesco De Gregori – racconta – e il primo concerto di Fabrizio De Andrè. De Andrè che era timido non esordì come tutti ricordano alla Bussola, ma a Pontedera, Pisa, a sostegno degli operai della Piaggio. Mi sono sempre occupato di organizzazione di spettacoli, soprattutto quelli teatrali. Ho lavorato con Dario Fo per diversi anni”. In base all’esperienza maturata nell’organizzazione di spettacoli fui tra coloro i quali idearono e organizzarono il festival del proletariato”.

Cosa ricorda di più dell’evento?

“Ricordo il grande polverone di sabbia che caratterizzò quei giorni del festival. Si viveva sulla spiaggia in tende o in sacchi a pelo a pochi metri dal mare. Tanti dormivano nella pineta, avevano montato amache tra un albero e un altro. Si è vissuto tutti insieme per quattro giorni e la cosa bella è che non è accaduto niente di grave. Si, qualche furto, ma nessun oltraggio a donne o liti. E poi tanti artisti importanti che vennero senza chiedere una lira. Ricordo il nudo come riscoperta del proprio corpo. Queste sono le immagini che meglio ho impresso nella testa. Poi ci fu un dibattito politico che ebbe un’eco importante”.

Perché Licola?

“Scegliemmo Licola perché un luogo vicino ad una grande città, relativamente staccato dal contesto urbano e con un grande spazio. Non abbiamo avuto problemi organizzativi. E poi c’era il mare. Avevamo installato delle docce ma subito capimmo che sarebbero state inutili: tutti facevo in bagno a mare. Il luogo fu scelto dal compagno Paolo Scabello con l’obiettivo anche di valorizzare la zona”.

Qual era il suo compito?

“Mi avevano affidato la direzione generale e la direzione artistica che condividevo con Luigi Manconi”.

Quale la differenza con Woodstock?

“Per Woodstock alla base c’era un motivo economico, per noi no. Tutto era politico. A Woodstock due giovani imprenditori nel 1969 vollero organizzare un evento per 50mila persone, invece arrivarono quasi 600mila persone. I temi di Woodstock erano la guerra in Vietnam e la libertà sessuale”.

E invece Licola?

“Beh da noi le intenzioni erano altre. C’erano tanti problemi all’interno del movimento e volevamo discutere anche di queste cose”.

Non solo musica ma anche politica…

“Soprattutto politica. Io non fumavo ma nelle sedi dei partiti extraparlamentari tutti fumavano erba. I partiti però avevano la convinzione che per fare la rivoluzione bisognava essere lucidi. Quindi in quei giorni si discusse del problema delle droghe e ognuno ebbe la libertà di dire la sua. Affrontammo il problema del femminismo. Nelle nostre organizzazioni si discuteva ancora poco di questi temi. Tuttavia le organizzazioni non si adeguarono ai tempi. La stessa Lotta Continua dopo poco fu sciolta, ci fu un’implosione. E poi era importante la questione dell’arte. In quei tempi l’artista di sinistra era povero, che doveva necessariamente fare un altro lavoro per sopravvivere. I partiti chiedevano le esibizioni gratuite. Parlammo anche della necessità di fare dell’arte una professione. Ricordo ancora Francesco De Gregori che si stupì, proprio in quel periodo, perché stava iniziando a raccogliere i soldi dei diritti d’autore. Mi disse: “Sergio, hai visto? Ho ricevuto 700mila lire senza fare niente”. Era imbarazzato. Erano altri tempi”.

Come erano organizzate le giornate?

“Dalle 8 del mattino alle 16 circa c’era Radio Licola. Trasmetteva direttamente nell’area concerto ed era agganciata con delle frequenze in modo tale che si potesse ascoltare anche altrove. Se ne occupava Giaime Pintor, figlio di Luigi, fondatore del Manifesto. All’epoca alla radio si ricordavano i programmi e funzionava per comunicazioni interne. Anche per rintracciare un amico si ricorreva alla radio, d’altronde non c’erano i cellulari. Alle 16 circa le trasmissioni radiofoniche si interrompevano perché c’erano i dibattiti”.

E poi c’era la musica che, ancora oggi, è ricordata con piacere da molti musicisti…

“Beh, non tutti ebbero un’accoglienza positiva. È storica la risposta del pubblico ad Alan Sorrenti… “.

Che accade di preciso?

“Sbagliai io. Abitavo a Roma in via Garibaldi, dove abitava anche Alan. Lo invitai dicendogli che era un concerto di musica sperimentale. Lui partecipò ma dopo venne contestato. Riuscì a resistere una venina di minuti. Poi andò via. Iniziarono a lanciare lattine piene di sabbia. Fu un’esperienza scioccante”.

A ogni modo molti artisti furono contenti

“Gli artisti erano trattati bene. Sembra facile dirlo oggi. Ma all’epoca non era così. Abbiamo rispettato la musica con un ottimo impianto. Era stato rispettato il loro lavoro. E poi avevano l’opportunità di esibirsi davanti ad una platea enorme”.

Già, i numeri…

“La media delle presenze era di 40mila persone. Intendo 40mila persone accampate a Licola. Ma ci sono state punte di 100mila-120mila: numeri impressionanti”.

In che modo la politica ha fallito?

“I dirigenti non hanno dato ascolto al movimento. Sono andati avanti con le loro idee e alla fine abbiamo perso tutti. Lotta Continua dopo poco è stata sciolta. Mauro Rostagno, che era lì con noi, invece aveva capito e pubblicamente ha difeso il Festival. C’è stato il caso esemplare di Avanguardia Operaia: Vincenzo Vita, futuro sottosegretario del Ministero delle Comunicazioni, ha dovuto fare autocritica in assemblea perché aveva dichiarato di aver fumato erba”.

Cosa è rimasto?

“È nata una consapevolezza diversa nel rapporto tra uomini e donne. Questo da Licola è venuto fuori con forza. E poi il tema della droga. Si pensò che le droghe leggere potessero essere usate anche nel movimento. Prima di allora parlare di droghe era un tabù. La stessa cosa era per il sesso. Dopo Licola di sesso si poteva parlare anche nei discorsi politici. Era la prima volta che il nudismo fece la sua apparizione in maniera forte. Era stato superato il problema della fisicità.  I dibattiti sono serviti anche nel rapporto con i musicisti anche se vennero fuori posizioni radicali come Stampa Alternativa che continuava a sostenere la tesi che bisognava suonare gratis”.

Sembra incredibile che un evento avesse queste conseguenze…

“Prima era così. Erano momenti importanti, c’era partecipazione e si credeva in quello che si diceva”

Eppure molti hanno rimosso quel periodo?

“Perché sono stati giorni di libertà completa. Poi si è ritornati alla normalità. E non c’è stato nient’altro”.

Leggi anche:

Festival di Licola del 1975: La Woodstock italiana che cambiò il modo di pensare del movimento studentesco (I parte)

Festival di Licola del 1975: Napoli, la droga e il proletariato. Intervista a un militante (III parte)

Chiunque voglia dare testimonianza o foto del Festival di Licola può mettersi in contatto con redazione@quicampiflegrei.it

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Ciro Biondi
Giornalista, scrive prevalentemente di attualità, sociale, cultura, turismo e ambiente. E' responsabile dell'Ufficio Comunicazione della Caritas Diocesana di Pozzuoli. Ha collaborato con quotidiani e periodici. E’ specializzato in comunicazione sociale e istituzionale. Si è occupato di uffici stampa ed è presidente dell'associazione di promozione sociale Dialogos. Con le scuole e le associazioni promuove incontri su legalità, volontariato, solidarietà tra i popoli, dialogo tra le religioni e storia. E' laureato in Lettere con una tesi in Storia Medievale. E' docente di scuola statale secondaria di secondo grado. Ha ottenuto vari riconoscimenti per l'attività giornalistica. Per il suo impegno sociale, culturale e professionale nel 2013 il Capo dello Stato lo ha insignito dell'onorificenza di cavaliere della Repubblica.
http://www.cirobiondi.it

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