A quanti non amano i libri autobiografici o storcono il naso di fronte ai racconti di ambientazione familiare consigliamo la lettura di Arsenale di memorie di Ida di Ianni e Matilde Iaccarino, recentemente pubblicato da Volturnia Edizioni (2019, pp. 100). È una buona occasione per cambiare idea.
Si tratta di due racconti incentrati sul delicato tema dei rapporti genitore-figlio che le Autrici, entrambe docenti, l’una molisana e l’altra originaria di Pozzuoli, hanno svolto in una prospettiva tutta al femminile. Al di là delle differenze di stile, di personalità e di contesto, le due Scrittrici forniscono un bell’esempio di quella che un tempo si chiamava “educazione sentimentale”, di cui la nostra epoca, e in particolare i più giovani, hanno assoluto bisogno. Abbiamo perciò deciso di proporre la lettura del libro agli alunni di due classi del Liceo Scientifico “Ettore Majorana” di Pozzuoli. Il risultato è stato sorprendente.
L’operazione memorialistica compiuta da Matilde e Ida si è rivelata letteralmente contagiosa: non solo la lettura ha dato luogo a dibattiti, recensioni e commenti al testo, ma gli alunni hanno tratto spunto dai due racconti per effettuare una serie di interviste alle proprie madri, zie e nonne, con lo scopo di conoscere meglio la loro condizione adolescenziale, il rapporto vissuto con i rispettivi padri e mariti, le libertà di cui hanno goduto o di cui invece sono state private. Altri “arsenali di memorie” sono venuti alla luce.
Vi proponiamo una recensione al testo e alcune riflessioni in margine a un’intervista.
Diario di donna di Mariarosaria Castiglione (III A)
Arsenale di memorie è un libro scritto a quattro mani, che si svolge come racconto duplice e parallelo. Ida di Ianni e Matilde Iaccarino, le due autrici, raccontano storie di donne ambientate nella seconda metà e nell’ultimo quarto del Novecento. Non si tratta di stelle del cinema, bensì di persone che hanno vissuto senza clamori, in un caso sacrificando la propria vita ad altre volontà e rinunciando a determinarsi e realizzarsi, nell’altro battendosi coraggiosamente e con intraprendenza per vivere secondo il proprio desiderio. DONNE di cui la Storia non scrive quasi mai una riga.
La scelta di unire insieme i due racconti, permette al lettore di cogliere a pieno le differenze tra queste due tipologie di vita al femminile.
Il racconto di Ida ruota in effetti attorno alla figura di suo padre, figlio di quella società contadina arcaica che prevedeva lo stereotipo dell’uomo-padrone e della donna-serva. La scrittrice lo descrive come una persona invadente e possessiva, ma al tempo stesso capace in determinati momenti di spogliarsi totalmente del suo autoritarismo, rivelando anzi un carattere estremamente dolce.
L’altro racconto è la storia di un rapporto madre-figlia, che si risolve in una continua lotta di amore e odio; un rapporto affatto semplice ma al quale Matilde deve la sua passione per i libri, oltre al suo carattere forte e determinato. Sua madre viene a essere per lei l’unico autentico punto di forza e riferimento, nonostante la morte prematura del marito ne abbia inasprito molto l’animo. Eccessiva rigidità che segna il carattere di Matilde, rendendola sempre più ribelle. La sua forza deriva dalla sua più grande passione, ovvero i libri, la lettura, che tiene molto a trasmettere anche alla figlia. Matilde ci parla di sua madre, che ormai non c’è più, delineandola come una persona forte, orgogliosa, con un profondo senso di responsabilità, un’accesissima passione per il sapere e per la quale il principio fondamentale è l’indipendenza.
Scritti in prima persona, i due racconti sono costruiti come pagine di un diario, alcune risalenti anche a molti anni addietro. Le scrittrici hanno pensato bene di adottare un linguaggio accessibile a tutti, senza però rinunciare a una certa ricercatezza, ciascuna col proprio particolare stile. Entrambe le parti mi sono piaciute molto, quella di Matilde è riuscita però a coinvolgermi in modo speciale: in parte, perché la storia si svolge in una realtà a me vicina, essendo ambientata a Pozzuoli, dove io vivo; ma soprattutto, perché il suo modo di scrivere affascina. Ciò che mi ha davvero lasciato senza parole è stato il rendermi conto di somigliarle in tanti aspetti.
È un libro che vorrei consigliare vivamente a tutti i miei coetanei (e non solo), perché sa coinvolgere e insegna a non sottovalutare anche piccoli aspetti della vita intima e familiare, su cui per superficialità non ci si sofferma abbastanza. D’altra parte, è proprio questo ciò che i libri, la lettura, il sapere devono saper fare.
Cucire la propria libertà di Valeria Erbasto (III A)
Per farsi un’idea sulla condizione femminile e i rapporti tra genitori e figli nel secolo scorso si possono leggere vari saggi storici e racconti di finzione. Ma forse per cogliere a pieno le abitudini e i costumi delle passate generazioni è necessario scavare direttamente nel profondo delle vite private degli uomini e delle donne di un tempo. Ciò è possibile fare attraverso la lettura di Arsenale di memorie, racconto autobiografico scritto a quattro mani da Ida Di Ianni e Matilde Iaccarino, che attraverso le vicende familiari delle due autrici descrive perfettamente la mentalità e i rapporti generazionali tipici degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.
Per avere uno sguardo ancora più esteso sui temi affrontati nei due racconti, ho deciso di intervistare la signora Ida, mia nonna, di 73 anni. Dalle sue risposte si evince come spesso le donne di un tempo erano condannate a sottostare prima al padre e successivamente, dopo essersi sposate, al marito, senza avere alcuna libertà di scelta sulla propria vita.
A differenza di altre donne, Ida non è stata ostacolata nell’intraprendere gli studi, ma anzi la sua famiglia reagì negativamente alla sua decisione di interromperli. Ida, infatti, preferì lavorare sin dall’età di 12 anni come sarta, impiego di cui è sempre stata appassionata.
Mia nonna non ha mai goduto di grande libertà. Come infatti racconta, sin dall’infanzia suo padre è sempre stato possessivo nei suoi confronti e spesso le negava di fare le cose che voleva. Riguardo alla sua vita privata e sentimentale ci ha confessato: “Mi sono fidanzata la prima volta a 14 anni con un ragazzo che poi ho frequentato per poco tempo. A circa 16 anni ho conosciuto il mio attuale marito. Ci vedevamo ogni tanto, quando trovavamo un modo, ma di certo da quanto è entrato in casa mia fino al matrimonio non siamo mai stati soli”. Aggiunge che veniva chiesto a sua sorella di restare sempre con loro.
All’età di 20 anni si è sposata, quando non aveva ancora raggiunto la maggiore età (allora si diventava maggiorenni a 21 anni) e si considerava come “una bambina”. Da quel matrimonio sono nati due figli, uno avuto all’età di 21 e l’altra all’età di 24 anni. Ida racconta che i suoi figli sono stati educati da lei e dal marito in modo spesso rigido e severo, secondo quello che era stato imposto a lei da piccola, ma con alcune limitazioni in meno. Suo padre – ci dice – è sempre stato molto presente nella vita dei suoi nipoti, in particolare del nipote maschio, e per questo la sua influenza è stata parte della loro educazione.
Come in famiglia, così anche in amore la libertà le era spesso negata. “Da quando sono sposata – racconta – ho dovuto rinunciare a molte cose. Mio marito non mi ha mai concesso di prendere la patente, cosa che ancor oggi rimpiango. La mia vita è stata da allora notevolmente limitata, poiché mio marito non ha mai desiderato uscire di casa, stare all’aperto, e da sola non mi lasciava andare. Amavo ballare, ma anche quello resta solo un lontano ricordo”. La libertà non le veniva negata solo dal marito, ma talvolta anche dalla famiglia di lui, che pretendeva di imporre cosa lei dovesse o non dovesse fare.
L’unica cosa che in quegli anni le rimaneva e sentiva come propria è stato il lavoro. Anche dopo il matrimonio Ida ha continuato a lavorare come sarta e ancora oggi lavora per alcune storiche clienti. È orgogliosa del suo lavoro e di aver intrapreso questa strada, che le ha permesso un certo arricchimento culturale, dovuto alle persone, ai diversi contesti e luoghi che ha conosciuto nello svolgere la sua attività. Ne va così fiera che alla domanda “cosa della tua vita rifaresti da capo?” lei risponde che sceglierebbe “milioni di volte” lavorare come sarta.
Riscontriamo in questa intervista molte analogie col racconto di Ida di Ianni: come le donne della sua famiglia, anche mia nonna ha trascorso una vita segnata da divieti e limitazioni, imposte dalla mentalità del periodo che raffigurava come scopo unico della donna quello di accudire il proprio marito e i figli, senza potersi in alcun modo esporre al mondo esterno. Questa donna, però, è riuscita comunque a trovare, nel proprio lavoro, un senso di libertà e di padronanza delle proprie volontà, che le hanno permesso di distaccarsi dalle forti oppressioni familiari e ritrovare se stessa.